Chiamiamolo Rendita tricolore: ridurre il debito con un titolo irredimibile

scritto da il 04 Marzo 2021

Post di Gianluigi De Marchi, consulente finanziario, giornalista e scrittore – 

Nei primi 20 anni del nuovo millennio si sono rapidamente succedute gravi crisi finanziarie che hanno travolto i mercati provocando danni enormi al sistema economico mondiale. Si è partiti nel 2000, con la “bolla tecnologica”, seguita, nel 2008, dal crack Lehman, che ha trascinato tutto il mondo finanziario nella tempesta. Ci troviamo ora in pieno nella terza crisi, provocata questa volta non da eccessi speculativi, ma da un agente “estraneo”, il COVID-19, che ha obbligato il mondo a fermarsi per contenerne la diffusione.

Tutti i governi si sono attivati per fronteggiare i dirompenti effetti provocati dal cosiddetto “lockdown”; in Italia il governo ha adottato, numerosi provvedimenti per sostenere famiglie ed imprese (rinvio del pagamento di mutui, imposte e tasse, bonus, ecc.) e per rilanciare l’attività produttiva (finanziamenti, contributi a fondo perduto, ecc.) Il contenuto dei decreti è, in linea di massima, condivisibile, ma non si possono sottovalutare aspetti critici, e cioè:

• Gli interventi adottati sono di tipo “difensivo”, finalizzati cioè a contenere i danni e non ad una strategia di tipo “costruttivo” (sostenere gli investimenti, creare lavoro).

• Gli interventi adottati sono limitati nel tempo; indennità, sospensioni, proroghe esauriscono la loro forza al termine della loro validità.

• Gli interventi adottati prevedono un aumento del deficit di bilancio, ed un aumento del rapporto debito/PIL, arrivato a fine anno al 160%.

Ecco perché è necessario tentare di seguire immediatamente una strada innovativa per reperire risorse finanziarie senza ricorrere al debito. Una soluzione è quella dell’emissione di un titolo di rendita (o irredimibile), un titolo che ha come caratteristica essenziale quella di non avere una scadenza per il rimborso e di prevedere solamente il pagamento degli interessi in eterno.

Titoli di rendita: una lunga storia
I titoli di rendita rappresentano uno strumento per fronteggiare eventi eccezionali. I primi esempi risalgono addirittura alla fine del XVIII secolo in Gran Bretagna (finanziamento delle guerre napoleoniche), ed al XIX secolo in USA (finanziamento della guerra di secessione). In Italia ricordiamo due prestiti “Rendita” emessi nel 1929 (prestito forzoso) e nel 1935 (finanziamento della guerra in Etiopia).

Ma le emissioni sono ancor oggi numerose, utilizzate non solo da stati (il più recente un prestito austriaco), ma anche da banche e compagnie di assicurazione. A fine agosto 2020 Intesa San Paolo ha offerto 750 milioni di obbligazioni perpetue con un successo straordinario (pervenute richieste per oltre 6,5 miliardi di euro!).

titolo-irredimibile

Una “Rendita Tricolore” per salvare l’Italia
Poiché l’emergenza non è finita, e poiché è urgente poter erogare al sistema produttivo non solo prestiti ma anche capitali a fondo perduto, è indispensabile trovare soluzioni che non prevedano la restituzione dei capitali, affinché si realizzi l’indispensabile equilibrio tra fonti di raccolta e modalità di esborso.

Ecco quindi la soluzione: l’emissione di un prestito irredimibile, che paghi ai possessori una rendita perpetua, ma non impegni lo Stato a rimborsare il capitale; prestito che potremmo denominare “Rendita Tricolore”.

Come “costruire” l’emissione e come assicurarle successo sul mercato? Poiché attualmente il rendimento dei titoli di Stato di lunghissima scadenza (i cinquantennali, con vita residua di 47 anni) è oscillante intorno al 2% annuo lordo, si potrebbe ipotizzare un’emissione di bond perpetui al 3% annuo, con un premio consistente (50% in più) ma ragionevole a compenso del maggior rischio.

Le lunghe scadenze presentano un ulteriore rischio: la perdita di valore reale per effetto dell’inflazione. È vero che oggi l’inflazione praticamente non esiste, ma di fronte al “perpetuo” sarebbe opportuno prevedere una seconda tranche di “Rendita Tricolore” a tasso variabile, con base Euribor + uno spread che potrebbe collocarsi sull’1-2%. In questo modo la tranche a tasso variabile potrebbe coprire il rischio di oscillazione del costo del denaro, mantenendo la quotazione su livelli intorno alla parità nominale.

La modularità del tasso ricalcherebbe in sostanza la strada seguita per decenni dallo Stato, con l’emissione in parallelo di BTP e CCT. Potremmo anche aggiungere un’ulteriore tranche strutturata in maniera totalmente diversa, cioè titoli indicizzati al PIL (una proposta recentemente avanzata dall’ex ministro Tria, denominata TRILL).

Insomma, i modi per raccogliere capitali senza obbligo di rimborso sono molteplici e possono soddisfare diverse esigenze degli investitori e dello Stato.

Analisi costi/benefici della Rendita
Quali gli effetti del lancio di un prestito irredimibile? Esaminiamoli separatamente nell’ottica dello Stato e degli investitori.

La Rendita e lo Stato
1 – L’emissione di una Rendita comporta il miglioramento della tesoreria, grazie al fatto che gli esborsi programmati si riducono al solo pagamento d’interessi.

2 – L’emissione realizzerebbe una mobilitazione di risorse a beneficio dello Stato, generando una forma di cessione volontaria (e non forzosa, aspetto estremamente importante) di disponibilità private a favore del Tesoro.

3 – L’emissione produrrebbe un miglioramento del rapporto debito/PIL, poiché la Rendita (non avendo scadenza) non costituisce un debito di capitale. E ciò avrebbe positivi riflessi sul rating dell’Italia e, in prospettiva, effetti positivi anche sull’intera finanza nazionale. Non è irrealizzabile un obiettivo di far scendere il rapporto debito/PIL a 100 nel giro di tre/quattro anni, ricorrendo non solo al “patriottismo” dei risparmiatori italiani, ma anche all’interesse di investitori istituzionali esteri.

4 – L’emissione scongiurerebbe sul nascere ogni rischio di imposta patrimoniale che aleggia come “extrema ratio”. Acquisendo il controvalore della Rendita, lo Stato, in pratica, introduce una “patrimoniale volontaria” che ha l’enorme vantaggio, per chi l’accetta, di ottenere una remunerazione e di poter ricuperare in ogni momento l’importo attraverso la vendita in borsa dei titoli.

La Rendita e gli investitori
Ma perché gli investitori dovrebbero sottoscrivere queste obbligazioni? Il motivo fondamentale è legato al rendimento: i titoli irredimibili hanno cedole che offrono un rendimento allettante. Quindi investire in questo strumento significa assicurarsi un flusso di denaro più alto rispetto ai titoli tradizionali.

Per i privati la possibilità di percepire una rendita perpetua è interessante: si pensi che chi oggi cerca una soluzione simile può trovare solo polizze assicurative, che hanno l’enorme difetto di sottrarre per sempre il capitale all’assicurato ed ai suoi eredi. La Rendita consente di trasmettere il capitale agli eredi (fra l’altro in totale esenzione d’imposta di successione, trattandosi di titolo di Stato).

Aspetti critici
Non si possono naturalmente sottacere gli aspetti critici di una Rendita.
1rischio prezzo, che è indiscutibilmente superiore a quello di un titolo di Stato “tradizionale”. Essendo privi di scadenza e quindi della prospettiva di ricupero del capitale a data certa, presentano il rischio di mercato tipico, cioè quello di poter provocare una perdita al possessore nel caso di vendita ad un prezzo inferiore a quello d’acquisto. Rischio che è elevato nell’ipotesi della tranche a tasso fisso, modesto o nullo nell’ipotesi della tranche a tasso variabile.

2potenziale perdita di valore del capitale nel tempo per effetto dell’inflazione.
Fenomeno probabile (anzi, sicuro), ma assolutamente uguale a quello che corre un qualunque investitore che sceglie un investimento obbligazionario (legato al valore nominale) anziché un investimento azionario o immobiliare (legato al valore reale). Chi a suo tempo sottoscrisse la Rendita 5% si trovò (se lo mantenne sempre) un capitale svalutato esattamente come chi optò per un ordinario Buono del Tesoro rinnovandolo ogni volta alla scadenza! Non è l’assenza di rimborso a determinare la perdita di valore dell’investimento, ma la sua permanenza nel tempo: chi sottoscrive una Rendita può venderla quando crede, non appena ritiene che le prospettive evolvano negativamente; se ne mantiene il possesso, l’esito non dipende dalla natura del titolo, ma dalla scelta errata di non liquidare l’operazione.

Conclusioni
La proposta di emettere titoli irredimibili è stata autorevolmente sostenuta da alcuni esperti e studiosi, fra i quali citiamo il finanziere Soros ed il presidente della Consob Savona, che nei primi mesi dell’anno scorso hanno evidenziato l’opportunità e l’urgenza di ricorrere a questo strumento. Su queste colonne è stato ospitato anche il parere di Gianluca Carnevale Garé che ha esposto, fra altre interessanti proposte per fronteggiare la crisi, anche quella dei titoli irredimibili.

Personalmente ne ho sostenuto l’utilità fin dal 2012 (si veda “Uscire dalla crisi: idee e proposte” Investimenti finanziari” n. 4, 2012) e, in maniera ampia ed articolata, nel recentissimo libro “Ricostruire la finanza” (Edizioni Amazon libri), scritto in collaborazione con Riccardo Lucatti.

Purtroppo il mondo politico che dovrebbe recepire tutte le proposte utili a far uscire il paese dalla drammatica crisi che stiamo attraversando, si è finora dimostrato sordo agli appelli ed ha proseguito ad accrescere il debito, pagando un prezzo considerevole.

L’appello è quello di ricorrere subito all’emissione di una “Rendita tricolore” con le modalità sopra esposte (eventualmente modificate e migliorate) per fare in modo che il sostegno all’economia ed alle famiglie non comporti una semplice traslazione nel tempo di risorse delle future generazioni a beneficio dell’attuale generazione.

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