Banche e imprese, per l’Eba l’emergenza è finita: e ora, che succede?

scritto da il 10 Maggio 2021

In un recente intervento su questo spazio ci chiedevamo (con Pier Paolo Valentini), se in vista della sperabile uscita dal clima di emergenza si potevano ipotizzare alcuni trend su come le imprese gestiranno questa fase e, in generale, su come sarà la crisi d’azienda in tempi di Covid, o, meglio, di post-Covid. Fra i vari aspetti che abbiamo discusso, una parte importante della nostra trattazione aveva toccato il tema del rapporto con le banche.

Anche se negli anni le imprese sono riuscite a diversificare la loro struttura delle Fonti, con una progressiva riduzione del grado di indebitamento verso strumenti di patrimonializzazione e, per quanto riguarda la parte debito, con uno spostamento verso quella che viene chiamata “alternative finance”, il debito bancario rimane certamente lo strumento principale con il quale le aziende si approvvigionano di capitali quando si rivolgono a terzi soggetti finanziatori e non a capitali propri.

Ecco allora che la modalità con la quale la banca gestirà i propri impieghi in questa delicata fase è cruciale rispetto anche alle tematiche interne di turnaround che le aziende, anche quelle più sane e dinamiche, hanno dovuto impostare dopo lo shock esogeno della pandemia.

Forse è il caso di rinfrescarsi un po’ la memoria su una dinamica molto chiara che si è venuta determinando dalle direttive di Basilea in poi, con una sempre più rigida classificazione da parte degli istituti bancari delle proprie esposizioni, secondo la loro forma tecnica e secondo il grado di rischiosità, anche in relazione alle garanzie ottenute; d’altro lato, l’attribuzione di rating alla clientela ha determinato una diversa (e più formale) modalità di gestione del rapporto bancario e tutto ciò, insieme alla progressiva unificazione della disciplina di vigilanza a livello UE, ha favorito la creazione di un fiorente mercato di crediti non-performing (gli NPL) e, ancor più recentemente, anche dei crediti UTP (Unlikely to Pay, diciamo l’anticamera della sofferenza bancaria).

Questo processo ha portato anche le imprese a dover cambiare, talvolta in maniera problematica e non certo spontanea, il proprio approccio con i finanziatori bancari: non è questa la sede per tornare su questo punto, che peraltro abbiamo più volte sviscerato, ma quel che qui ci importa è ribadire come un corretto approccio a questo tema consenta, da un lato, alle imprese di avere più chiarezza nel rapporto con le banche, e a queste ultime, dall’altro, di valutare, di tempo in tempo, i profili di rischiosità della propria clientela, procedendo ad opportuni accantonamenti; questo processo consente alle banche, a propria volta, di liberare capacità per fare ulteriore credito procedendo al deconsolidamento, tramite vendita, di porzioni di impieghi non-performing.

In questo scenario, si colloca la pandemia, con le scelte fatte dal legislatore e dai regolatori di consentire alle aziende di entrare in una sorte di “bolla” e alle banche di poterne tenere conto nelle loro valutazioni. Ora ci si chiede come si uscirà da questa situazione: ci saranno picchi di nuove posizioni in sofferenza? Le moratorie proseguiranno nell’essere trattate in deroga ai principi di vigilanza? E cosa ne sarà dei prestiti garantiti dallo Stato?

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Una bella intervista di Isabella Bufacchi alla direttrice delegata alle regole prudenziali dell’EBA (EU Banking Authority), Isabelle Vaillant ci illumina su molti punti; leggiamola attentamente.

Nel ribadire che le banche, anche italiane, sono sane ed hanno retto il colpo, dando una mano nel gestire l’afflusso di aiuti alle imprese, Vaillant conferma, come già era emerso in altri interventi dalla Vigilanza bancaria a livello UE, che è già il momento di chiudere con la flessibilità e di monitorare ora l’andamento dei beneficiari di tali misure:

“Dare flessibilità alle regole è stato uno degli interventi chiave. Quando abbiamo ritenuto opportuno introdurre le linee guida sulle moratorie, per evitare automatismi, lo abbiamo fatto. E le abbiamo estese quando necessario. Ora è tempo di monitorare la situazione: monitorare, monitorare, questo è quello che l’Eba sta facendo adesso. Tuttavia in questa fase non abbiamo intenzione di estendere ulteriormente le linee guida. Le moratorie sono scadute o stanno scadendo e la finestra di sospensione degli automatismi si è chiusa. Stiamo monitorando da vicino la situazione: è il nostro compito principale questa primavera, la più alta priorità.”

Fine quindi dell’allentamento delle regole di vigilanza; ma di fronte alla ovvia domanda se questo non potesse creare un incremento degli NPL, Vaillant appare ottimista:

“Il rischio di un grande aumento delle sofferenze, come avevamo previsto nella fase iniziale della crisi pandemica, non si è verificato nel senso che nel 2020 non abbiamo rilevato un’impennata dei NPLs. C’è stato un aumento finora, ma modesto. Siamo entrati in una nuova fase, la fase di transizione in uscita dalla crisi, è il momento di pulire i bilanci dai crediti deteriorati.”

Vaillant usa il termine “plateau” per lasciare intendere che non prevede incrementi rilevanti e richiama un tema di cui abbiamo accennato in precedenza: la pulizia di bilancio dai crediti deteriorati è necessaria per consentire alle banche di fare nuovi impieghi; ed infatti la direttrice EBA precisa meglio, riferendosi anche al ruolo di sostegno che avrà la parte pubblica e parlando apertamente della probabile escussione delle garanzie pubbliche in assistenza ai crediti concessi alle imprese:

“Gradualmente il ruolo dello Stato crescerà, le garanzie pubbliche verranno escusse. E questa transizione, con un ruolo crescente dello Stato, sarà importante. Ma intanto le banche dovranno continuare a fare gli accantonamenti per le perdite attese. Le banche devono fare il loro lavoro, devono intervenire in anticipo, portare avanti la ricognizione dei rischi di credito in arrivo e la pianificazione del capitale, devono far emergere le situazioni di difficoltà delle controparti il prima possibile. Lo stanno facendo, ma troppo lentamente. Per questo sollecitiamo che le banche facciano il loro lavoro senza indugio. Questo è il momento di analizzare ogni prestito, ogni pratica. Le banche conoscono la clientela in maniera approfondita, sono in grado di intercettare e identificare le difficoltà del singolo cliente e intervenire dialogando con le controparti e dove necessario ristrutturare i debiti.”

Questa risposta ci pare molto chiara e crediamo ci fornisca una chiave di lettura importante della fase che andremo a vivere nei prossimi mesi: Vaillant sembra dire alle banche: voi fate il vostro mestiere, valutate correttamente il merito di credito, iniziate a considerare l’uscita dalle moratorie, e fate gli accantonamenti necessari; se l’azienda avrà bisogno di sgravarsi di debito, interverrà lo Stato a garanzia.

Più oltre troviamo anche un altro richiamo a far emergere anche le inadempienze “probabili”, cioè esattamente gli UTP di cui abbiamo fatto cenno sopra: un tentativo di gestione anticipata di questi aspetti.

Il senso delle dichiarazioni che abbiamo riportato ci pare chiaro: la Vigilanza EBA desidera uscire al più presto da strumenti emergenziali e fare venire a galla i necessari accantonamenti dai bilanci bancari; questo consentirà di gestire in anticipo le situazioni non-performing, le quali però non paiono essere previste in aumento a tassi elevati, ma moderati.

E dal lato impresa, quindi, cosa dovremo attenderci? Certamente da quanto esposto possiamo ricavare la necessità, ora più che mai, di valutare correttamente i propri piani finanziari e di curare i propri fondamentali, e cioè il posizionamento di mercato, la sostenibilità del Conto Economico e della propria struttura finanziaria: non pare infatti che i finanziatori bancari potranno essere molto indulgenti e toccherà a noi consulenti e manager interpretare correttamente questo delicato momento di passaggio.

L’aver adottato strumenti messi a disposizione dalla normativa, quindi, non deve esimere le imprese dal fornire tutti gli elementi relativi alla sostenibilità dei loro piani a medio termine: eventuali squilibri che dovessero permanere, se opportunamente spiegati, dovrebbero essere compresi dalle strutture bancarie deputate a valutare il famoso “andamentale”; il necessario accompagnamento dei finanziatori può essere ottenuto.

Se al contrario gli squilibri creati dal Covid (e magari da altre problematiche che l’azienda già aveva) non saranno sanabili se non con piani di turnaround rischiosi, con elementi di discontinuità, eventualmente attraverso gli strumenti di composizione della crisi messi a disposizione dell’ordinamento, allora probabilmente la banca non seguirà e classificherà il credito a bad-debt: Vaillant ci ha detto che ritiene che queste situazioni non saranno in forte crescita e noi speriamo che abbia ragione.

Twitter @dorinileonardo