Istituti tecnici superiori, la chiave per rafforzare il legame tra scuola e lavoro

scritto da il 22 Dicembre 2021

di Fabio Costantini, amministratore delegato di Randstad HR Solutions, società di consulenza del Gruppo Randstad Italia dedicata alle risorse umane.  Per le aziende disegna progetti di people strategy allineati alle trasformazioni della società e del mercato, per i talenti costruisce percorsi che seguono i candidati lungo tutto il viaggio della carriera professionale –

Di fronte a un mercato del lavoro in repentino cambiamento, l’Italia si trova ad affrontare un apparente paradosso. Da un lato la “talent scarcity” ormai è una realtà: le imprese non riescono a trovare lavoratori con le giuste competenze per sostenere la ripresa. Dall’altro, persiste un’alta disoccupazione, in particolare di giovani che faticano a trovare un lavoro in linea con il loro profilo scolastico. È il problema del “mismatch” del mercato del lavoro, il disallineamento tra domanda e offerta su cui pesa in modo determinante la carenza di competenze tecnico-scientifiche: un gap storico, che richiede interventi a lungo spettro per potenziare la “cultura tecnica” del paese, come richiamato di recente anche dal ministro Cingolani. Investire in formazione è l’unica strada per risolvere questo paradosso.

L’obiettivo è noto a tutti. In Italia 2,1 milioni di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non studiano, non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione. Il numero dei Neet è aumentato con la pandemia, passando dal 22,1% del 2019 al 23,3% nel 2020. Leggendo le statistiche Eurostat si scopre che il nostro paese è il peggiore in Europa con quasi 10 punti oltre la media dell’Ue a 27 (13,7%). Sul lato dell’offerta di lavoro, invece, alcune imprese non riescono a trovare lavoratori per mancanza di competenze. Come rivela Randstad Research, negli ultimi 15 anni, in Italia, è aumentato il tasso di disoccupazione, ma anche il numero dei posti vacanti e per il 58% delle imprese questa situazione è dovuta in particolare alla sotto qualificazione tecnico-scientifica.

(Ridvan - stock.adobe.com)

(Ridvan – stock.adobe.com)

Il mondo della scuola spesso fatica a dialogare con quello del lavoro e dell’impresa. Senza interventi sull’istruzione e la formazione continua, la percentuale di Neet continuerà a crescere, fino a superare il 10% della popolazione entro il 2050. In un contesto in cui, secondo Confindustria, i posti vacanti oggi sono l’1,4% nell’industria e l’1,9% nel terziario, restano scoperti 300 mila posti di lavoro.

L’Italia, però, è ad un punto di svolta. Una parte cospicua dei fondi del PNRR verrà destinata alla trasformazione digitale e gli obiettivi ambiziosi del nostro Paese richiedono nuove competenze e nuovi strumenti di formazione che, al di fuori dei canali tradizionali, possano consentire ai giovani di cogliere le opportunità della quarta rivoluzione industriale, dotando i nativi digitali di competenze avanzate spendibili sul mercato del lavoro. Quasi un giovane su tre ha soltanto competenze di base, in un mercato del lavoro dove, secondo Unioncamere, sono richieste competenze digitali a 7 lavoratori su 10.

Una delle chiavi di volta per formare i giovani usciti dalle scuole superiori è rappresentata dagli Istituti tecnici superiori: scuole di alta formazione terziaria, post diploma, alternative alle università, che favoriscono l’immissione nel mercato del lavoro di professionalità in linea con le esigenze delle aziende. Gli ITS hanno durata biennale o triennale, lo stage è obbligatorio per il 30% delle ore complessive e almeno il 50% dei docenti proviene dal mondo del lavoro. I corsi sono realizzati in collaborazione con le imprese, ascoltando le esigenze del territorio e mediamente l’83% degli studenti riesca a trovare lavoro entro un anno dalla fine del percorso di studi. Nel 92% dei casi si tratta di occupazioni coerenti con il percorso compiuto, come accade negli istituti tecnici superiori promossi da Tech Talent Factory di cui Randstad è tra i soci fondatori che, attraverso i suoi corsi di “Digital Marketing 4 Export”, “Internet of Things & Industrial Automation Specialist” o di “Fintech Software Developer” forma ogni anno oltre 70 studenti e ne impiega oltre l’80%.

Gli ITS rappresentano storie di successo, ma molto resta da fare. Qualcosa, però, sta per cambiare. L’interesse del Governo fa ben sperare. Il premier Draghi ha dedicato agli Its uno dei passaggi cruciali del suo discorso di insediamento. E il Pnrr destina 1,5 miliardi di euro, in 5 anni alla riforma di questi istituti, con l’obiettivo di raddoppiarne gli iscritti. Sono in arrivo nuovi incentivi per potenziare i laboratori che utilizzano tecnologie 4.0. La strada da percorrere è ancora lunga, ma disponiamo gli strumenti necessari, i fondi del Pnrr, e abbiamo identificato il percorso. Investire nell’istruzione è il miglior modo per far uscire decine di migliaia di giovani dall’inattività e assicurare al paese un salto avanti nell’innovazione.

L’impegno delle istituzioni è fondamentale. Ma anche le imprese possono fare la loro parte, investendo in attività di formazione che permettano di creare un ponte tra scuola e lavoro. È il modello delle “Academy”, percorsi formativi che rispondono alle specifiche necessità di competenze, di oggi e del prossimo futuro. Un’attività complessa, che richiede l’analisi del fabbisogno di competenze dell’azienda, del distretto industriale e del settore economico di appartenenza, per progettare con partner qualificati percorsi coerenti con le necessità del mercato. Ma una straordinaria opportunità per “creare in casa” le skill tecniche specialistiche difficili da reperire. Un investimento sul domani, che può offrire opportunità concrete di impiego ai giovani, attraverso un canale di formazione diverso da quelli tradizionali.