Nomadismo digitale in aumento: in Italia lo scelgono donne e millennials

scritto da il 17 Ottobre 2022

Post di Rosy Abruzzo, Public Relations Ma­nager, giornalista, conduttrice e social media specialist. Collabora con diverse testate giornalisti­che online e insegna diritto –

In periodo di enormi cambiamenti e di crisi che investe il mondo del lavoro, statistiche e tendenze sul nomadismo digitale nel 2022 ci dicono che il fenomeno del lavoratore “itinerante” è tutt’altro che una propensione passeggera o una mera conseguenza della globalizzazione. Anzi, sono sempre di più anche in Italia le persone che lavorano on the road, senza una sede o un ufficio fisso ma da remoto, connessi da luoghi sempre diversi per scelta, alla ricerca di una dimensione di vita che concili la necessità di svolgere un lavoro per sostentarsi con il bisogno di libertà, indipendenza da tempi e luoghi fissi e desiderio di viaggiare per conoscere il mondo.  E il fenomeno non va confuso con la cosiddetta workation, cioè la scelta di un luogo dove poter lavorare mentre si fa vacanza, in quanto il nomadismo digitale è una filosofia di vita e può, potenzialmente, essere applicata a tutti quei lavori che si possono svolgere da remoto ed essere mantenuta nel tempo.

Negli Stati Uniti nomadismo +50%

Una recente ricerca a cura di Passport-Photo.Online approfondisce il tema delle tendenze del Nomadismo digitale per il 2022, evidenziando anzitutto come molti abbiano deciso di intraprendere questo nuovo modo di vivere con la diffusione dello smart working agevolata dall’avvento del Covid-19. Dall’inizio della pandemia nel 2020, infatti, il numero di nomadi digitali negli USA è aumentato del 50% rispetto al 2019. Oggi circa 10.2 milioni di americani si definiscono nomadi digitali – persone che viaggiano ed esplorano il mondo lavorando – e il numero è in crescita costante. 24 milioni di americani, che non sono ancora nomadi digitali, affermano infatti di voler passare allo stile di vita nomade nei prossimi 1-2 anni, un incremento del 20% rispetto al 2020.

Ciò, a ben guardare, accade anche in Italia dove, in controtendenza rispetto agli USA e con una certa sorpresa, emerge che sono in prevalenza le donne a scegliere di diventare nomadi digitali (circa il 59%), rispetto agli uomini (41%).

La tendenza in Italia

Alla base della scelta c’è una filosofia di vita netta: un nuovo modo di concepire il valore del tempo destinato al lavoro e la sensazione che le ore passate a lavorare in certi modi e in certi contesti siano “vita perduta” e privazione di una esistenza di qualità dove il concetto chiave è “lavorare per vivere e non vivere per lavorare”. Questa tendenza in Italia si è manifestata prepotentemente nell’ultimo anno con l’aumento degli abbandoni di posti fissi e dei licenziamenti da aziende. Chi si licenzia non vuole più avere a che fare con capi che dettano l’agenda e che impongono modi di lavorare statici, ripetitivi, caratterizzati da un monte ore settimanale predefinito, dalla presenza fisica sul luogo di lavoro, da pause brevi, orari fissi e, in generale, poco tempo e poca libertà per dare spazio ai propri hobby e alle proprie passioni. Tutte queste caratteristiche, vieppiù tipiche di un impiego di lavoro “tradizionale”, che dovrebbe comunque essere improntato ad un work life balance rispettoso delle esigenze dei lavoratori, sono esattamente ciò da cui rifugge la filosofia del nomadismo digitale che invece considera il lavoro come mezzo per raggiungere l’obiettivo di una vita dove cultura, socialità e scoperta del mondo siano al primo posto. All’incirca il 20% di questi lavoratori è diventato nomade digitale nel 2020 che, tra lockdown e smart working, ha dato l’occasione a molti di riflettere sul proprio stile di vita lavorativo.

Ma qual è il ritratto del tipico nomade digitale, che lavori fa e quanto guadagna?

Nel tentativo di tracciare un profilo il più preciso possibile del nomade digitale, lo spaccato demografico emerso dallo studio di Passport-Photo.Online evidenzia anzitutto come la maggior percentuale di coloro che scelgono questo modo di vivere/lavorare sia costituita dai Millennials (44%), ossia la generazione dei nati tra il 1981 e il 1995. Segue la Generazione X (nati tra il 1961 e il 1980) con il 23%, la Generazione Z (nati dopo il 1995) con il 21% e i c.d. Baby Boomers ossia i nati tra il 1946 e il 1960 con un 12%.

Si tratta di un misto di lavoratori full-time (71%) e part-time (29%), con la maggior parte di essi (85%) che si dichiara soddisfatta o molto soddisfatta del lavoro svolto. Guardando ai titoli di studio, circa il 72% di questi lavoratori-viaggiatori ha una laurea triennale o equivalente e il 33% ha la magistrale. Ideologicamente parlando, invece, la maggior parte (52% per gli uomini, 73% per le donne) ha idee politiche progressiste.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare i nomadi digitali sono in maggioranza persone sposate (quasi il 61%) abituate a viaggiare sia con che senza il loro partner.

Per mantenere lo stile di vita nomade, il 36% lavora da freelance per diverse compagnie, il 33% sono imprenditori e il 21% lavorano come dipendenti fissi di una compagnia.

I settori prevalenti sono:

  1. IT: 19%.
  2. Servizi creativi: 10%.
  3. Educazione: 9%.
  4. Consulenza, coaching e ricerca: 8%.
  5. Vendite, marketing e pubbliche relazioni: 8%.
  6. Finanza e contabilità: 8%.

È abbastanza intuibile la principale caratteristica che accomuna i nomadi digitali: hanno un rapporto privilegiato con la tecnologia di cui, comprensibilmente, non possono fare a meno.  Il 76% di loro, infatti, di solito adotta nuove tecnologie prima di altre categorie di lavoratori e il 77% le usa per ottenere vantaggi competitivi sul lavoro.

Nomadismo, quanto si guadagna?

Guadagnano in media 4.500 dollari al mese (all’incirca 4000 €) lavorando circa 46 ore a settimana. Il che sembrerebbe estremamente allettante se non si considerasse che una importante parte di questi guadagni viene comunque spesa in mezzi di trasporto e soluzioni per l’alloggio. In molti casi comunque proprio l’idea di un guadagno caratterizzato dal fatto che i costi di lavoro sono destinati ad appagare il desiderio del nomade di vivere a contatto con culture diverse, luoghi ed esperienze sempre nuovi, è alla base dell’accettazione del compromesso che caratterizza questo modo di lavorare. Tant’è che indipendentemente da quanto portano a casa, la maggior parte di questi lavoratori (79%) è soddisfatta o molto soddisfatta dei propri guadagni e l’88% ritiene che la scelta del nomadismo digitale abbia avuto un effetto molto positivo sulla propria vita.

Stile di vita nomade: pro e contro

Ci sono almeno 6 motivi principali per adottare uno stile di vita nomade:

La possibilità di viaggiare costantemente.

Conoscere nuove culture.

Conoscere la gente locale.

Visitare Paesi con un migliore costo della vita.

Adottare uno stile di vita più semplice.

Incontrare persone affini.

Se è vero da un lato che questi aspetti accomunano tutti coloro che abbracciano questo stile di vita, è pur vero che la scelta non è scevra da criticità connesse, per paradosso, proprio al vortice dinamico e in continuo cambiamento di una vita itinerante. Va detto, infatti, che uno dei maggiori problemi per questi lavoratori è la difficoltà a rilassarsi dopo un giorno di lavoro che colpisce la produttività di un terzo dei nomadi digitali.

Le difficoltà incontrate dal nomade digitale

Non solo. Tra le sfide, croce e delizia, del lavoro nomade c’è la difficoltà a “staccare” ossia a spegnere computer e cellulari, a sfuggire da quella ossessione costante di controllare mail ed account vari per avere tutto sempre sotto controllo o guadagnare tempo. Non meno difficoltoso è riuscire a “mantenersi motivati” a svolgere il proprio lavoro quando non si ha attorno un ambiente o altre persone che siano da stimolo in tal senso. A questo, e ad una probabile “difficoltà di collaborazione e comunicazione”, possono conseguire inoltre “solitudine”, “incertezza” e “possibili difficoltà finanziarie”.

Anche i nomadi digitali, infine, pur essendo soddisfatti del proprio stile di vita e di lavoro, sono preoccupati per il loro futuro. Se infatti il 55% di essi accantona risorse per la pensione, il 65% è preoccupato per i risparmi e per il trattamento pensionistico di cui potrà beneficiare.

In conclusione, vantaggi e svantaggi a parte, il numero di nomadi digitali nel corso del 2022 continua a crescere in modo trasversale nelle diverse generazioni ed è cresciuto del 15% nel 2021 anche il numero di coloro che lavorano in proprio svolgendo mestieri sempre più distanti da quelli ricercati dalle aziende italiane che lamentano la mancanza di personale disposto a svolgere i mestieri c.d. tradizionali. Tra questi lavoratori, la cui età media è scesa progressivamente negli ultimi due anni, che spesso non hanno precedenti esperienze di lavoro o che il lavoro non lo hanno trovato, ci sono molti promotori della cosiddetta “Passion Economy”, figure che lavorano in proprio attraverso l’ausilio di network e piattaforme digitali, mettendo a frutto le proprie passioni e cercando di monetizzare le proprie competenze.