Criptovalute, il dilemma del bene rifugio e i rischi per le banche centrali

scritto da il 22 Maggio 2023

Post di Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School, e Alessandro Villadei, docente dell’International Master in Finance di Rome Business School – 

Le criptovalute sono il nuovo paradigma monetario. Promettono di semplificare l’architettura finanziaria esistente, rendendola più veloce ed economica, ma la mancanza di una regolamentazione chiara (il Consiglio europeo ha approvato il nuovo pacchetto di norme, il MiCA, soltanto lo scorso 16 maggio) ha aperto la porta a frodi, speculazioni ed instabilità.

In effetti, ci sono molti consumatori che sono attratti dalle criptovalute, soprattutto per il loro alto potenziale di rendimento e l’anonimato che forniscono, rendendole particolarmente attraenti per coloro che sono attenti alla privacy. Di conseguenza, l’acquisto e la vendita di criptovalute sono cresciuti in modo sbalorditivo: erano già 8.000 le diverse monete nel 2021 e si stima che saranno oltre 20.000 entro il 2023 (Global State of Cryptocurrencies 2022, Gemini).

Criptovalute, perché non sono un bene rifugio

Attualmente, stando ai dati di Coinmarketcap, il Bitcoin rimane la valuta più costosa al mondo (per un valore di 480 miliardi di euro al 22 maggio 2023). Tra le criptovalute di maggior valore: Ethereum (218 miliardi di dollari) e Tether (83 miliardi di dollari), che, nonostante un 2022 difficile, restano tra le principali criptovalute. Bitcoin ha perso il 60% del suo valore dai massimi del 2021, Ethereum ha perso il 64% e, nel complesso, altre importanti criptovalute hanno perso oltre il 90% del loro valore, principalmente a causa della loro volatilità, del crollo dell’exchange FTX e delle politiche monetarie implementate dalle banche centrali.

Alcuni potrebbero, prematuramente, paragonare le crypto (Bitcoin in particolare) a beni rifugio come oro ed argento. Tale assonanza, seppur attraente sotto un profilo di modernizzazione del sistema monetario, è priva di fondamento e senza merito.

Innanzitutto, la mancanza di un sistema regolamentato e controllato nell’estrazione e creazione di criptovalute ha reso le stesse estremamente volatili, così come la versatilità che esse offrono nell’essere utilizzate per vari illeciti. L’offerta di oro ed argento è controllata e difficilmente può aumentare in quantità abnorme come invece, almeno teoricamente, potrebbe accadere a bitcoin e varie crypto. Questo rende il prezzo di tali assets (oro ed argento) meno volatile, caratteristica fondamentale dei beni di rifugio e li differenzia da beni speculativi.

criptovalute

(Reuters)

Criptovalute e rischi per la stabilità economica

Oltretutto, di particolare importanza è la perdita di controllo che le banche centrali andrebbero a sostenere se l’utilizzo di criptovalute fosse permesso in larga scala, soprattutto da enti istituzionali. Salvo fatto l’utilizzo da parte di banche centrali di monete digitali (e con annesso controllo della domanda/offerta), permettere che il controllo della quantità di moneta nel sistema economico di un paese, con conseguente supervisione sulla velocità con la quale tale moneta si sposta nell’economia, non sia responsabilità delle stesse banche centrali risulterebbe in un rischio incredibile per la stabilità economica e monetaria di un paese.

È di particolare importanza, per le banche centrali, riuscire a controllare quanto una moneta sia “forte” rispetto ad un’altra. Una moneta debole è di solito definita “inflazionante”, oltretutto, il settore dell’export è sostenuto da una moneta debole. Al contrario, una moneta forte è utile nel combattere l’inflazione (basta vedere il trend dell’ EUR/USD negli ultimi 12 mesi), particolarmente apprezzata da quei settori economici che richiedono un importante flusso di import per le loro operazioni ordinarie.

Quali problemi per le banche centrali

L’utilizzo di Bitcoin o altre criptomonete renderebbe molto difficile il controllo di tali dinamiche da parte delle banche centrali, salvo fatto che il controllo dell’offerta di tali monete sia controllato dalle stesse. Il problema sta proprio qui, Bitcoin fu creata da un anonimo soggetto di “nome” Satoshi Nakamoto con il fine ultimo di decentralizzare la creazione di moneta e di diminuire il controllo delle banche centrali proprio sulla quantità di denaro in circolo in una determinata economia.

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Criptovalute in Italia ed Europa

L’uso delle criptovalute continua a crescere in Italia e in Europa. Secondo Chainalysis, tra luglio 2021 e giugno 2022 si sono movimentati in Europa oltre 1,3 trilioni di dollari di criptovalute, a conferma dell’importanza del Vecchio Continente negli investimenti in valuta digitale.

Sempre secondo i dati di Chainalysis, l’Italia è il sesto Paese europeo più attivo nel movimento delle criptovalute e si colloca al 51° posto nel mondo, dietro a Regno Unito (17°), Germania (21°), Francia (32°), Spagna (34°) e Portogallo (38°). Secondo un sondaggio condotto dagli autori nel marzo 2023 tra 173 partecipanti, il 69% degli italiani è a conoscenza delle criptovalute. Le criptovalute più apprezzate dagli italiani sono Bitcoin, Ethereum e Dogecoin.

Nella sola Europa occidentale, sei dei 40 maggiori utilizzatori di criptovalute sono:

Ciò che rende speciale l’Italia sono gli investimenti in criptovalute, in particolare nei giochi e negli NFT, che insieme rappresentano il 30% dei flussi di valuta virtuale. NFT è un tipo speciale di token crittografato unico e non scambiabile, in particolare per il riciclaggio di denaro. Infatti, secondo una ricerca condotta da Elliptic (2022), più di 8 milioni di dollari di fondi illeciti sono stati riciclati attraverso piattaforme basate su NFT dal 2017, con un valore globale di oltre 100 milioni di dollari solo tra il 2021 e il 2022.

La necessità della regolamentazione: il caso FTX

In Cina, dal 2021 il governo sta testando una versione digitale dello yuan, sempre più utilizzata in tutto il Paese. Al contrario, un dollaro digitale gestito dalla Federal Reserve statunitense e un euro digitale progettato dalla Banca centrale europea sono ancora in fase di sviluppo. Mentre lo sviluppo di criptovalute emesse dalla banca centrale potrebbe avere enormi vantaggi, potrebbe presentare sfide per il mercato delle criptovalute su larga scala. Una maggiore regolamentazione potrebbe ridurre il loro margine di manovra, ma fornirà anche maggiore stabilità e legittimità al mercato, contribuendo ad attrarre più investitori istituzionali e al dettaglio.

Come evidenziato nel crack FTX, una regolamentazione chiara è assolutamente necessaria. Nonostante i sistemi economici mondiali si siano evoluti e modernizzati negli ultimi decenni, essi si basano ancora su un concetto relativamente antico, la fiducia.

La fiducia viene creata attraverso un sistema legislativo chiaro ed oggettivo. Il crollo FTX ha vaporizzato miliardi di dollari in poche ore, tutto grazie ad una regolamentazione non chiara. In poche parole, FTX creò un token virtuale chiamato FTT, un token unico per la rete che permetteva di offrire vantaggi agli utenti.

Le criptovalute e il ruolo dei fondi speculativi

Il creatore di FTX gestiva anche un fondo speculativo chiamato Alameda Research, il quale come asset principale aveva proprio FTT. L’aspetto preoccupante sta nel fatto che FTX utilizzava il FTT come garanzia nel bilancio. Ciò significava che le sue attività erano legate a un token rischioso e volatile, con conseguenti preoccupazioni per il capitale di FTX e Alameda.

Il 2 novembre, l’editore di criptovalute CoinDesk ha riportato documenti trapelati che mostrarono come l’hedge fund Alameda Research di Bankman-Fried detenesse una quantità insolitamente alta di token FTX. L’attività di trading di Alameda e la conseguente necessità di fondi è stata una delle ragioni principali per cui Bankman-Fried ha fondato FTX nel 2019. Ma il modo in cui le due entità furono costituite ha fatto sì che il loro futuro fosse legato all’andamento dei prezzi delle cryptovalute.

Gli effetti della mancanza di regolazione

Il 6 novembre 2022 Binance ha annunciato la vendita dei token FTX “a causa delle recenti rivelazioni”. In risposta, il prezzo di FTT è crollato con conseguente panico per gli investitori, i quali si sono affrettati a vendere i token FTX, distruggendone la valutazione creando una discrepanza incredibile tra le attività e passività di FTX, la quale si è vista costretta a richiedere l’accesso alla procedura di bancarotta.

Tutto questo è stato possibile grazie alla mancanza di regolazione che vietasse, tra le varie cose, di aprire un exchange crypto, creare tokens ed utilizzare gli stessi come garanzia per accesso al capitale di rischio.

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