Usa, Europa, Cina, dal protezionismo all’autonomia strategica. Quali conseguenze?

scritto da il 19 Maggio 2023

Post di Michele Sansone, Country Manager iBanFirst – 

Il lancio dell’IRA (Inflation Reduction Act, la legge da 738 miliardi di dollari approvata a metà agosto 2022) proviene da un Paese che non ha mai nascosto la sua propensione al protezionismo, in tutte le sue forme, quando si è rivelato necessario per consolidare il suo status di prima potenza mondiale. I primi effetti positivi per gli USA si stanno già facendo sentire: nel 2022 sono stati investiti 73 miliardi di dollari nel settore dei veicoli elettrici e delle batterie (dati Atlas Public Policy), tre volte in più rispetto al 2021. L’annuncio dell’IRA è stato inoltre accompagnato da un’aggressiva politica di sollecitazione verso i produttori europei nel tentativo di convincerli a congelare i piani di investimento in Europa e produrre negli Stati Uniti.

L’aggressiva campagna acquisti in Europa

La risposta europea, attualmente in fase di negoziazione, mira a evitare distorsioni della concorrenza piuttosto che contravvenire alle regole del commercio internazionale. Una procedura non priva di rischi. Inizialmente gli europei pensavano che gli Stati Uniti avrebbero optato per un protezionismo tariffario, nello spirito della carbon tax, e non per un piano di incentivi.

Rispetto all’IRA americano il Green Deal Investment Plan europeo appare molto complesso e non sembra contenere obiettivi quantificati. Il piano potrebbe avere un impatto, ma come sempre in Europa la sfida è quella di mantenere l’unità tra i vari Paesi ed evitare la concorrenza all’interno dell’UE. Ma l’unità è il prezzo da pagare se il mercato unico europeo, il più grande e integrato al mondo, deve sfruttare al meglio i suoi punti di forza sia per gli investimenti sia per le opportunità commerciali.

Scambi internazionali: i quattro fattori che porteranno a una riduzione

 

1. La nuova “guerra di trincea in Ucraina”

La guerra è entrata in un ciclo a lungo termine: oltre alle tradizionali perturbazioni dei trasporti globali, gli embarghi scatenati dal conflitto si ripercuotono in particolare sul settore energetico. La necessità di rifornire le scorte per il prossimo inverno è senza dubbio una sfida importante. L’International Energy Agency (IEA) non ha del tutto scartato il rischio di una possibile carenza di gas in Europa durante l’inverno 2023-2024. Qualsiasi carenza o calo delle riserve implica un’impennata dei prezzi che si ripercuote sui costi di trasporto (uno scenario sperimentato dalle famiglie francesi alla fine del 2022).

2. Autonomia strategica

I Paesi occidentali sono entrati in una corsa all’indipendenza. La crisi del Covid e il conflitto russo-ucraino sono stati grandi rivelatori e stanno portando i blocchi maggiori – Europa, Cina e Stati Uniti – a ripensare la loro autonomia strategica in settori chiave. Il Green Deal Investment Plan e la legge sulla riduzione dell’inflazione sono soltanto le parti visibili del nuovo credo di autonomia che mira a limitare la dipendenza dall’estero nei settori alimentare ed energetico o nelle tecnologie di telecomunicazione.

3. Finanza e mercati

I tassi di interesse elevati sono la nuova norma. Varati nel marzo 2022 dalla FED e nel luglio dello stesso anno dalla BCE, i rialzi dei tassi d’interesse hanno posto fine a un capitolo unico. Oggi appare evidente che il ciclo del denaro libero sia finito per molto tempo ancora. I tassi di interesse di riferimento continueranno probabilmente a salire fino a questa estate. Gli specialisti prevedono un calo solo a partire da novembre 2023, per alcuni addirittura dal 2024.

4. Questioni ecologiche

La nuova combinazione di impegno dei cittadini e regolamentazione statale. I governi stanno iniziando a riconoscere la questione del cambiamento climatico, che ha mobilitato in modo significativo i cittadini. Le misure di punta includono la fine dei veicoli termici entro il 2035 in Europa. Questa proposta fa parte dell’obiettivo europeo di europeo di raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050, un impegno condiviso anche dagli Stati Uniti. Questi nuovi ruoli dello Stato sanciti nel quadro legislativo porteranno probabilmente a una ricostruzione duratura di un modello di business più locale e attento all’impronta ecologica.

Tuttavia, questi fattori strutturali che probabilmente limiteranno fortemente il commercio mondiale si scontrano con un ambiente economico “pro-globalizzazione”.

europa

Si prospetta all’orizzonte un crollo economico?

Nonostante questi fattori riteniamo improbabile un crollo economico. Prevediamo invece un atterraggio morbido nel 2023 e 2024 con una crescita zero del commercio mondiale nei due anni a venire.

Ecco i due fattori alla base di questa ipotesi:

– Ridistribuzione piuttosto che autarchia: la tendenza sembra essere quella di un accorciamento delle catene di fornitura piuttosto che una delocalizzazione. L’inclinazione dei Paesi occidentali a delocalizzare è talvolta complicata dai costi elevati.

– Tuttavia, alla delocalizzazione internazionale, possiamo aggiungere anche un altro fenomeno, noto come “nearshoring”. L’impennata dei prezzi dei trasporti, le incertezze legate alle pandemie sulla catena di approvvigionamento delle merci o i possibili scossoni causati dalla politica in alcuni Paesi produttori sono tutti argomenti a favore di una produzione più controllata nei Paesi più vicini.

Bloomberg riporta che l’80% delle aziende statunitensi prevede di accorciare le proprie catene di approvvigionamento in futuro. Allo stesso modo, in Europa, il 60% delle aziende europee sta cercando di delocalizzare la produzione nel proprio Paese d’origine o in un Paese vicino entro il 2025, secondo un rapporto di Consultancy.eu. L’Europa centrale e orientale (CEE) sono particolarmente ricercati per la loro vicinanza geografica e per i costi salariali più bassi rispetto all’Europa occidentale.

Inflazione più alta in Europa, i vincoli alla capacità di spesa primo problema

Il desiderio di un consumo più responsabile e locale, così come i tentativi di ottenere un’indipendenza strategica, si scontrano con la questione persistente del potere di spesa. Gli ultimi dati sull’inflazione la vedono su base annua al 7% nell’Eurozona (8,2% in Italia) ad aprile 2023 e al 4,9% negli Stati Uniti.

All’interno dell’Unione Europea, molti Paesi hanno optato per piani di aiuto. La Germania, ad esempio, ha offerto aiuti sostanziali per le famiglie e per le imprese. Anche la Francia ha messo in campo diverse misure di aiuto per il costo crescente dell’energia, come l’assegno per l’energia introdotto dal ministro dell’Economia Bruno Le Maire, una misura di ammortizzare lo shock dell’inflazione energetica per le famiglie meno abbienti.

Poiché la capacità di spesa è diventata un problema così pressante, l’intera catena di approvvigionamento (industriale, agroalimentare e al dettaglio) è ora in corsa per trovare le soluzioni più economiche per rimanere competitiva. Questa considerazione pone le questioni dell’autonomia, della delocalizzazione e controllo della catena di fornitura in secondo piano.