Pensione: non può risolvere tutto Luigi, il mio amico all’INPS

scritto da il 21 Luglio 2021

Eppure per anni nessuno mi ha chiesto niente di Luigi e del suo lavoro.

Luigi è un funzionario dell’INPS, io e lui siamo amici da più di 30 anni, siamo cresciuti insieme, stessa città, stessa compagnia. Poi si sa, con tanti ci si perde un po’ per strada, ma io e Luigi no, mai, nonostante io sia partito dalla nostra città e lui abbia fatto la scelta di restare. Luigi dopo il master ha accettato di entrare all’INPS.

Beh, in tutti questi anni non avevo mai realizzato quanto potesse diventare “prezioso” avere un amico che lavora all’INPS… Sono più di 20 anni che lui è lì eppure, ora, all’alba dei nostri 50, mi accorgo che questa “entratura” è molto ambita.

“Giorgio ma il tuo amico lavora ancora all’INPS? …non è che gli potresti chiedere se…”
“Gio, Luigi, lo senti ancora? Secondo te lo posso chiamare per delle informazioni sulla pensione di mio fratello…”

No no tranquilli, non è ancora attrezzato per la moltiplicazione dei contributi! Semplicemente è qualcuno che ne capisce qualcosa di pensione.

Però ora che abbiamo, chi più chi meno, almeno 25 anni di lavoro alle spalle e quindi di contributi… ora che a fare nottata tutti insieme ancora ci divertiamo, ma poi ci vogliono due giorni di camera oscura per recuperare… insomma, ora che nei momenti di lavoro più intenso non viene più da dire “Ho bisogno di ferie” ma “Non vedo l’ora di andare in pensione”…

Ecco. Adesso iniziamo a pensarci seriamente alla pensione e alle risorse di cui avremo bisogno per vivere un giorno senza lavorare.

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Ed è così che ci accorgiamo di sapere davvero poco, di come funziona il sistema, di quali regole sottendono la pensione che stiamo maturando, insomma di quanto, come e quando inizieremo ad incassare i frutti della nostra contribuzione di una vita. E Luigi torna in grande auge! Bombardato di domande, l’altro giorno mi ha detto: “Ma perché le persone non ci pensano prima?! ”

Esatto! Perché?

Naturale: perché quando siamo giovani la pensione è una roba da vecchi e poi chissà se la prenderemo mai noi la pensione, in Italia non nascono più bambini, a noi nessuno pagherà la pensione e a botte di luoghi comuni e frasi fatte per decenni ce ne disinteressiamo, salvo realizzare, a volte troppo tardi, che sarebbe stato meglio approfondire in tempo e soprattutto intervenire!

La cosa grave è iniziare a preoccuparsene così tardi!

Ovviamente parliamo di un argomento molto complesso, nell’ambito del quale ognuno ha una storia del tutto personale. Se volete capire meglio le basi della struttura previdenziale italiana e come intervenire subito facendo delle scelte attive e corrette vi invitiamo anche a seguirci su Mas4.

Dicevamo prima COME, QUANDO e QUANTO incasseremo di pensione?

• COME; il sistema pensionistico pubblico italiano è strutturato secondo il criterio della ripartizione: i contributi che i lavoratori e le aziende versano agli enti di previdenza vengono utilizzati per pagare le pensioni di coloro che hanno lasciato l’attività lavorativa; per far fronte al pagamento delle pensioni future, dunque, non è previsto alcun accumulo di riserve finanziarie.
Ecco perché diciamo “se non nascono più bambini nessuno pagherà le nostre pensioni”.

• QUANDO: l’età per accedere alla pensione di vecchiaia varia per uomini e donne e, soprattutto, varia nel tempo: aumenta all’aumentare della speranza di vita e gli anni di contribuzione minima necessari per accedere alla pensione di vecchiaia sono 20 – la pensione di anzianità non esiste più.

• QUANTO: nel 1996 c’è stato un cambio normativo radicale che ha segnato un’importante discontinuità, si è passati dal modello retributivo a quello contributivo per cui:

– chi ha maturato, con 40 anni di contributi, la pensione prima di quella data ha percepito una pensione pari all’80% dello stipendio medio degli ultimi 5 anni lavorativi (o 70% se con 35 anni di contributi);

– chi ha iniziato a contribuire successivamente al 1 gennaio 1996 maturerà una pensione commisurata all’entità della propria contribuzione, ma entro un tetto massimo;

– chi ha iniziato a lavorare e contribuire prima del 31.12.1995 e ha continuato dopo avrà un regime misto ed al momento della pensione potrà: accedere alla pensione ad un’età leggermente inferiore (inizia ad incassare prima di chi rientra nel regime contributivo puro) e potrà beneficiare di una pensione che sarà maturata sulle contribuzioni effettuate, in questo caso, senza essere assoggettate a tetti massimi.

Rispetto al quanto la parola chiave da ricordare è coefficiente di trasformazione. Grazie a questi valori il montante contributivo versato dal lavoratore durante la sua vita lavorativa viene trasformato nella pensione annua.

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I coefficienti di trasformazione variano in base all’età anagrafica del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale, a partire dall’età di 57 anni fino ai 70 anni. Maggiore è l’età del lavoratore, più elevati risulteranno anche i coefficienti di trasformazione. Tuttavia, negli anni, i coefficienti di trasformazione, a parità di età, sono andati diminuendo.

Per questo si dice che i pensionati del futuro incasseranno una pensione di gran lunga inferiore rispetto all’ultimo stipendio! Questo differenziale è il cosiddetto GAP previdenziale.

Facciamo un esempio pratico: un lavoratore autonomo di 48 anni, che oggi ha un reddito annuo lordo di 35.000 euro, potrà andare in pensione a 68 anni e 8 mesi anni (nel 2040) con una pensione lorda annua pari al 43% del suo reddito annuo lordo finale (stimando che esso sia cresciuto del 2% all’anno tra oggi e il 2040), con un GAP previdenziale del s e s s a n t a percento!!

Per capire le azioni concrete da mettere in atto subito per ridurre il GAP previdenziale bisogna informarsi ed educarsi, ricordiamo il sito del COVIP con tante info utili o corsi come il nostro Mas4-retirement che approfondiscono l’argomento nel dettaglio e danno soluzioni pratiche.