Benvenuti nella Longevity Economy: in pensione dopo i 70 anni

scritto da il 14 Novembre 2022

Post di di Emanuele Cacciatore, Head of Digital Offering & Go-to-Market, Engineering Ingegneria Informatica e Antonio Ragusa, Dean e Founder Rome Business School –

Una formidabile combinazione di macro-trend sociali, economici e tecnologici, sta ridisegnando da qualche anno il futuro del lavoro. I due cigni neri rappresentati dalla pandemia di SARS Cov2 prima e dalla guerra in Ucraina poi, hanno impresso un’accelerazione significativa a molte delle tendenze già in atto, in particolare ai processi di digitalizzazione e di automazione del lavoro. C’è tuttavia un trend silenzioso ma implacabile che più di altri contribuirà a ridisegnare il futuro del lavoro: il trend demografico.

Come cambia il profilo demografico

I tassi di fertilità in caduta libera e l’aspettativa di vita media che continua ad allungarsi progressivamente stanno modificando il profilo demografico di molti paesi, soprattutto di quelli che rientrano nel gruppo delle cosiddette economie avanzate di Europa, Stati Uniti, Giappone, Canada.

La popolazione che oggi risiede in questi paesi, in ogni classe generazionale di appartenenza, Baby Boomers, Generation X, Millennials e Generation Z, può aspettarsi di vivere, in media, fino a circa 90 anni oppure oltre.

Più anziani che bambini

Già oggi, a livello globale, ci sono più anziani che bambini, con una fascia di popolazione sempre più numerosa composta da individui di età superiore a 65 anni. Nella storia dell’umanità il numero di over 65 non è mai stato così elevato.

Questo slittamento demografico, come si diceva, è in parte il risultato di un incremento dell’aspettativa di vita e di minori tassi di natalità. Nel 1970, l’aspettativa di vita per una persona che aveva raggiunto l’età di 65 anni era di 78 anni per gli uomini e di 82 per le donne. Nel 2018 era salita rispettivamente a 84 e 86 anni. Inoltre, 91 paesi su 195 hanno tassi di fertilità al di sotto del tasso di sostituzione minimo, pari a 2.

Nel 2021, il cluster degli over 85 era il segmento a più rapida crescita nei cosiddetti paesi Super Aged, ovvero un gruppo di paesi in cui il 20% della popolazione è composta da over 65. Nel 2020 c’erano 15 paesi Super Aged, tra cui Italia, Germania, Francia e Giappone.

Paesi super aged, 61 entro il 2050

Secondo le previsioni delle Nazioni Unite i paesi Super Aged saranno 44 nel 2030 e 61 entro il 2050.

Le implicazioni sociali ed economiche, nonché fiscali, di questo fenomeno sono molteplici, prima fra tutte la tenuta dei sistemi previdenziali, ma qui vogliamo soffermarci in particolare sulle implicazioni relative al ciclo vita-lavoro.

Le implicazioni per la pensione

Implicazione 1 – Addio al lavoro dopo i 70 anni
L’incremento dell’aspettativa di vita media ed il miglioramento delle condizioni di vita e di salute determinano un progressivo allungamento della vita attiva, a cui corrisponde un processo di invecchiamento attivo che giustificherà un ulteriore spostamento in avanti dell’età pensionabile in molte economie avanzate. Oltre al miglioramento dell’aspettativa di vita di cui abbiamo già scritto ci sono diverse ragioni che spiegano perché le persone tendono a lavorare più a lungo:

• la prima ragione è direttamente collegata alla migliore aspettativa di vita; poiché le persone vivono più a lungo, potrebbero dover evitare di anticipare il momento di andare in pensione per potersi mantenere;

• i lavori richiedono meno lavoro fisico; nell’odierna economia dell’informazione e della conoscenza molte persone svolgono lavori fisicamente meno impegnativi; quindi, per alcuni è più facile continuare a lavorare;

• le persone sulla sessantina oggi godono di una salute migliore rispetto a 40 anni fa;

• i livelli di istruzione sono aumentati e le persone più istruite hanno maggiori probabilità di lavorare a qualsiasi età. Nei paesi anglosassoni, il numero di persone che scelgono di continuare a lavorare oltre l’età pensionabile è cresciuto in modo significativo negli ultimi 25-30 anni.

Il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti riporta che nel 2017 il 32% delle persone di età compresa tra 65 e 69 anni non era ancora in pensione. Nella fascia di età compresa tra 70 e 74 anni la percentuale è del 19%. La proiezione per il 2024 per la fascia 65-69 anni è del 36%, un tasso significativamente maggiore del 22% registrato nel 1994.

Il fenomeno è presente anche nel Regno Unito. Secondo i dati pubblicati dal Office for National Statistics (1), il tasso dei lavoratori ancora occupati dopo i 65 anni è più che raddoppiato tra il 1998 e il 2018, passando dal 5 al 10%. In valori assoluti è una tendenza che nei trent’anni dal 1998 al 2018 si traduce in un incremento di quasi tre volte, da poco più di quattrocentomila lavoratori a circa 1 milione e duecentomila lavoratori.

pensione

(Foto AP)

Implicazione 2 – Un nuovo contratto sociale: dal three-stage al multi-stage
Il tradizionale modello del ciclo di vita a tre stadi a cui siamo stati abituati dal dopoguerra ad oggi, il modello cardine di quattro generazioni di lavoratori, non sarà più adeguato verosimilmente già a partire dalla fine della terza decade del XXI secolo.

Il modello del XX secolo, basato sul ciclo Studio, Lavoro e Pensione sarà gradualmente rimpiazzato da un modello caratterizzato da:

• allungamento dell’età lavorativa fino a oltre 70 anni

• formazione continua

• minore scissione fra tempo di lavoro e tempo libero

• articolazione del ciclo lavorativo basato su due carriere principali

• avvio posticipato della prima carriera, preceduto da un eventuale periodo di “sperimentazioni” di carattere imprenditoriale o non strettamente lavorativa, come ad esempio viaggi o studio

• genitorialità posticipata

• pausa tra prima e seconda carriera, dedicata ad attività più o meno strutturate di reskilling/upskilling, studio e formazione

• una seconda carriera, prevalentemente da freelancer

Implicazione 3 – Dieci lavori o più
Una delle conseguenze di un ciclo di vita a più stadi è che il numero medio di occupazioni svolte da un individuo nell’arco della sua intera vita lavorativa sarà significativamnete superiore negli anni a venire. Negli Stati Uniti, secondo il Bureau of Labor Statistics, i 18-28enni hanno già cambiato una media di 7 datori di lavoro, mentre sono 12 i cambi di lavoro effettuati dai Baby Boomers, ma nel triplo del tempo. È il fenomeno noto con il termine “job hopping”. Negli Stati Uniti, secondo una ricerca Robert Half, il 75% dei lavoratori tra i 18 ed i 34 anni sono job hoppers, in gran parte Millennials.

Prima della pensione molta formazione

L’allungamento della vita attiva e il rinvio dell’età della pensione implica anche interessanti conseguenze e opportunità sul piano della formazione. Già da tempo i più avveduti analisti sostengono la necessità di un approccio di cosiddetto lifelong learning: la formazione – in un mondo in costante cambiamento – non si deve mai fermare, ma deve durare per tutta la vita della persona. A fronte del costante aumento della longevità questa esigenza diventa ancora più pressante e motivata.

Per questo, riteniamo importante che il sistema della formazione, nelle sue articolazioni sia operative che istituzionali, tenga conto di questa nuova tendenza. Pertanto, sotto il profilo operativo, è ad esempio consigliabile che le istituzioni formative della cosiddetta higher education (università, business school e centri di formazione post-laurea) sviluppino iniziative e approcci strategici basati su questo trend demografico.

Pertanto, l’offerta formativa, le attività promozionali e i processi organizzativi devono tener conto del fatto che l’età media del potenziale pubblico di riferimento si sta alzando esponenzialmente. Esiste cioè un crescente segmento di senior students, che necessita e merita una attenzione e una cura dedicate.

Aggiornare le metodologie didattiche anche per chi è in pensione

A titolo di esempio, quindi, le metodologie didattiche andranno riviste e aggiornate per tener conto delle caratteristiche di questi profili. Più ampiamente, sarà opportuno creare programmi educativi che, per modalità organizzative, contenuti e modalità di erogazione, siano dedicati a persone di età avanzata ma pur sempre attive o comunque dotate di una perdurante capacità produttiva. Con questo ci riferiamo non solo alla formazione su competenze professionali legate al lavoro dipendente, ma anche alle iniziative culturali a supporto dello sviluppo imprenditoriale. Sempre più spesso, infatti, le startup verranno ideate e lanciate da persone mature, super aged e già in pensione; conseguentemente sarà utile prevedere dei percorsi formativi sull’imprenditoria dedicati a questi target demografici.

Le necessarie sinergie pubblico-privato

Naturalmente è anche fortemente raccomandabile che questi temi vengano presi in considerazione e affrontati dagli organismi pubblici nazionali e sovranazionali che presidiano le politiche educative. Come in tutti i settori socioeconomici, infatti, le sinergie pubblico-privato possono essere la chiave di volta per una virtuosa accelerazione delle iniziative a supporto della formazione continua di una popolazione di età crescente e potenzialmente capace di creare valore per la società su orizzonti temporali sempre più estesi.

(1) Office for National Statistics, “Living longer: how our population is changing and why it matters,” Agosto 2018