Marketing e beneficenza, l’importanza di una pubblicità veritiera

scritto da il 14 Luglio 2023

Post di Elena Varese, Partner, e Rebecca Rossi, Trainee lawyer DLA Piper –

Mai come negli ultimi anni, il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR) ha guadagnato una posizione sempre più centrale nel panorama economico mondiale. Le imprese hanno compreso l’importanza di adottare pratiche responsabili e sostenibili, non solo per migliorare il proprio successo finanziario, ma anche il loro impatto sociale.

Tra le attività predilette dalle aziende rientra di certo quella del Cause Related Marketing (CRM), un potente strumento di comunicazione che consente alle imprese di divulgare il proprio interesse sociale collaborando con organizzazioni non profit. I benefici di questa attività sono reciproci: le aziende si guadagnano la simpatia del pubblico, generando un aumento delle vendite e la fedeltà dei clienti, mentre i promotori delle iniziative benefiche ricevono finanziamenti e una maggiore visibilità mediatica.

Marketing “Cause Related” e devoluzione dei ricavi

La forma più comune di CRM è il collegamento esplicito tra l’acquisto di beni o servizi e la devoluzione dei ricavi verso una causa o una specifica organizzazione non profit. Si pensi alle collaborazioni tra l’azienda dolciaria italiana Balocco e l’imprenditrice digitale Chiara Ferragni, l’azienda di cioccolato Walcor e il cantante Fedez, o, ancora, il brand di prodotti dolciari Dolci Preziosi e la make-up artist Clio.

Eppure, non è sempre così facile come sembra. Benché sicuramente nobili, in tutti questi casi la mancanza di indicazioni chiare sull’entità dei contributi devoluti in beneficenza ha messo in discussione la credibilità delle aziende coinvolte.

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Chiara Ferragni

Pandoro Balocco e Chiara Ferragni, le mosse del Garante della concorrenza

E’, infatti, notizia di pochi giorni fa l’avvio dell’istruttoria AGCM nei confronti di Balocco per pratica commerciale scorretta. Secondo l’Autorità, infatti, i consumatori potevano essere indotti a credere che acquistando il pandoro Balocco con il marchio di Chiara Ferragni, contribuissero alla donazione per l’acquisto di un nuovo macchinario ad un ospedale, mentre Balocco avrebbe disposto una donazione in cifra fissa e dunque indipendentemente dall’andamento delle vendite del pandoro.

L’avvio di tale indagine ha messo in luce come non soltanto le aziende responsabili dell’iniziativa debbano rispettare la normativa in tema di pubblicità, ma anche su come vi siano ripercussioni quantomeno reputazionali sul soggetto che copromuove l’iniziativa, ove non abbia correttamente vigilato sulla corretta comunicazione della stessa.

Un marketing che eviti confusioni o ambiguità

Anzitutto, ogni azienda che si affaccia al CRM deve rendere evidente la natura pubblicitaria del messaggio, evitando confusioni o ambiguità che potrebbero trarre in inganno i consumatori. La pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta. Ciò significa che le informazioni trasmesse devono essere attendibili e tali da non indurre in errore i consumatori e da consentire agli stessi di prendere decisioni consapevoli nella scelta di acquisto di un prodotto o di un servizio. È vietata anche l’omissione di dati rilevanti che potrebbero influenzare tale scelta, come il fatto ad esempio che le donazioni siano a quota fissa e indipendenti dal numero di prodotti venduti. Il consumatore deve essere messo nella posizione di capire esattamente a cosa sta contribuendo.

Quanto va in beneficenza? Le informazioni agli acquirenti siano chiare

Proprio nel contesto del CRM, è essenziale fornire informazioni dettagliate sul costo del prodotto o del servizio e sulla specifica percentuale devoluta in beneficenza. Questi elementi dovrebbero essere parte integrante delle informazioni fornite agli acquirenti, come previsto dalla legge che richiede la divulgazione delle caratteristiche principali del prodotto e degli impegni del professionista, nonché una chiara spiegazione del processo di vendita (art. 21, co. 1, lettere b) e c), d.lgs. n. 206/2005). Solo queste informazioni, infatti, possono “giustificare” il prezzo aggiuntivo che i consumatori sono disposti a pagare per sostenere una causa sociale tramite l’acquisto di prodotti o servizi promossi da una o più aziende.

Si aggiunga anche che i messaggi di comunicazione sociale dovrebbero sempre riportare l’identità dell’autore e del beneficiario della richiesta, nonché l’obiettivo sociale che si intende raggiungere, senza sovrastimare lo specifico o potenziale valore del contributo all’iniziativa.

Il rischio di danneggiare i diretti concorrenti

Infine, i messaggi sociali che l’azienda diffonde devono essere concretamente in linea con la propria condotta e attività. In caso contrario, anche i diretti concorrenti potrebbero subire indirettamente dei danni a causa del vantaggio competitivo ottenuto dall’azienda che, proclamandosi responsabile socialmente, attira una parte di consumatori sensibili a tematiche etiche. Come noto, infatti, è considerato sleale ogni comportamento che va contro i principi di correttezza professionale e che potrebbe danneggiare l’azienda altrui e come tale costituire un atto di concorrenza sleale.

Un marketing trasparente si guadagna la fiducia del mercato

Assicurarsi di mantenere una condotta trasparente è la chiave per evitare controversie e costruire relazioni di fiducia nel mercato. Pertanto, il rispetto della normativa illustrata deve essere visto come un impegno imprescindibile per le aziende che intendono evitare ripercussioni negative sulla propria reputazione e attività. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che le pratiche commerciali scorrette, la pubblicità ingannevole e la concorrenza sleale sono attività rischiose che possono portare le aziende ad incorrere in sanzioni amministrative e azioni giudiziarie, oltre che rischi reputazionali.

Ciò che è certo è che in attesa di un intervento legislativo per meglio definire linee guida e best practices relative alle attività di Cause Related Marketing, le aziende dovranno seguire le regole generali in materia di pubblicità sopra menzionate.