categoria: Vicolo corto
Personal branding e intelligenza artificiale tra rischi e potenzialità
Post di Claudia Barberis, personal branding specialist, docente della materia presso l’Università Cattolica di Milano e speaker TEDx –
Per dirla con le parole di Jeff Bezos, fondatore di Amazon, il personal branding «è ciò che le persone dicono di te quando non sei nella stanza».
Una stanza che i progressi quotidiani dell’innovazione, intelligenza artificiale in primis, stanno rendendo sempre più globale, virtuale e quindi a portata di clic.
L’impatto di questa dinamica, che coinvolge tutti gli aspetti della nostra vita senza alcuna eccezione, riveste un ruolo addirittura primario nel mondo del lavoro.
In un mondo interconnesso come quello in cui siamo chiamati a operare, valutare la reputazione di un brand, azienda, imprenditore, libero professionista o lavoratore dipendente non è mai stato così semplice.
L’automazione dei processi e la digital transformation, infatti, hanno giocato un ruolo cruciale nel traghettare il mercato del lavoro verso la cosiddetta era della reputation economy.
Il personal branding avrà sempre maggiore centralità
Questo concetto, secondo il neologismo coniato dal World Economic Forum, riassume perfettamente ciò a cui assistiamo ogni giorno: la reputazione, ovvero la percezione che riusciamo a generare nel pubblico, rappresenta un autentico caposaldo che nei prossimi anni acquisirà una centralità ancora maggiore.
Sempre secondo il WEF, il 25% del market value di qualsiasi realtà commerciale (dalle multinazionali alle microimprese) è rappresentato dalla reputazione.
La stessa logica è del tutto sovrapponibile e applicabile a ogni categoria professionale.
Risorse umane e reputazione online
Secondo ricerche condotte da importanti società di consulenza, il mondo delle Risorse umane è sempre più orientato verso l’online:
– il 70% dei selezionatori verifica le informazioni personali che circolano online utilizzando Google.
– il 77% dei recruiter inserisce il nominativo di un candidato su un motore di ricerca per raccogliere maggiori elementi di valutazione.
– nel 12% dei casi, i responsabili delle risorse umane hanno scartato candidati in seguito a quanto trovato online.
L’impatto del personal branding si vede anche quando si parla del CEO e si riversa direttamente sull’azienda:
– nel 45% dei casi, la reputazione del CEO determina la reputazione complessiva dell’azienda ed il suo valore di mercato;
– nell’87% dei casi aumenta l’attrazione di investimenti;
– nel 77 % dei casi è decisivo nell’attrarre talenti.
A fare la differenza sarà proprio il prestare una maggiore attenzione alla cura della propria presenza, online e non, lavorando sulla persona e sui brand in tutte le loro sfaccettature: dalla comunicazione ai tagli narrativi passando per la psicologia, i valori, l’immagine visiva e l’autenticità.
Questo è il senso più profondo del personal branding.
Essere competenti è la base di partenza
La combinazione efficace di competenze, abilità e personalità è la base fondante personal branding.
Oggi più che mai, essere il migliore non serve se non lo vede nessuno.
Essere competenti non è più sufficiente se il proprio valore rimane invisibile.
Essere bravi è quindi la base di partenza, non l’obiettivo.
Questo risulta doppiamente vero in un momento storico di forte transizione, in cui la sovraesposizione social e un’omologazione di fondo rischiano di far venire meno il senso più profondo dei valori aziendali.
Il ruolo dell’intelligenza artificiale nel personal branding
L’intelligenza artificiale, sebbene ancora agli albori, è al centro di uno sviluppo già avanzato e positivo: per essere complementari e non in competizione con le macchine, le persone hanno bisogno di lavorare sul proprio personal brand, un percorso per la vita e che dovrebbe sempre affiancare lo sviluppo professionale.
La vera sfida sarà non cancellare il lato umano: è la nostra umanità a creare identità forti e profonde che ci conducono verso il futuro.
Le applicazioni che l’AI consente in ambito personal branding, sono già numerose e particolarmente strategiche nonostante il loro sviluppo ancora embrionale.
I tool di sentiment analysis, ad esempio, permettono di avere un’idea oggettiva e precisa di qual è il nostro percepito esterno e a livello mediatico e fra i clienti; ci danno inoltre la possibilità di filtrare target di analisi diversi e di testare operazioni di personal branding su campioni diversi e specifici.
Quelli di quiz sfruttano il machine learning sia per suddividere clienti e lead in sottocampioni, per poi strutturare offerte sempre diverse e targettizzate per ogni gruppo, sia per fornire un primo livello di analisi e/o consulenza.
I tool di analisi per la presenza online servono quindi a comprendere e conoscere meglio il proprio pubblico, affinando consapevolmente la comunicazione.
Gli strumenti di content creation, che ad oggi danno risultati ancora molto omologati, possono essere utili in fase di bozza, ricerca o brainstorming su argomento o stili nuovi.
L’umanità che porta a fidelizzare una community
È però importante precisare che tutti questi strumenti funzionano solo e soltanto se c’è una persona che sa leggerli, guidarli e creare una strategia, altrimenti portano ad un appiattimento di mercato molto rischioso.
Solo un buon consulente e il soggetto del personal branding possono quindi conferire le giuste sfumature e l’umanità che porta a creare relazione e fidelizzare una community.
Non è tanto lo strumento in sé che è utile o dannoso, ma la cognizione di causa con il quale viene utilizzato.
Personal branding, la vera forza sta nel rendersi insostituibili
Avere un personal brand forte è senza dubbio uno dei modi migliori per tutelarsi dal rischio di sostituzione da parte della concorrenza e, potenzialmente, dell’AI: l’innovazione, tecnologica e di mercato che sia, è sempre una grande opportunità nel momento in cui sappiamo viverla con consapevolezza e facendo prevalere la valorizzazione delle unicità.
Nell’attuale reputation economy, la vera forza di un brand risiede nella capacità di attrarre, ispirare e influenzare gli interlocutori creando una connessione umana, prima che lavorativa, che renda riconoscibili, insostituibili e degni di fiducia.
Analizzando gli attuali business di culto, notiamo che oggi sono il prodotto di personalità di culto: da qui è facile comprendere l’impatto specifico del personal branding sul successo di un’azienda, di qualsiasi dimensione e settore si tratti.
È facile ipotizzare, ad esempio, che l’AI non sostituirà imprenditori come Elon Musk o personalità come Oprah Winfrey.
L’obiettivo del personal branding, in fondo, è proprio questo: valorizzare il talento, la competenza e la persona, che se non comunicati rimangono fine a sé stessi, facendo così leva su valori di fondo in grado di potenziare e ispirare fiducia nel prossimo.