La Via della Seta al tempo della guerra dei dazi. Prospettive e opportunità per l’Italia

scritto da il 22 Luglio 2018

Pubblichiamo un post di Mario Angiolillo, direttore dell’Osservatorio Relazioni EU-UK-USA di The Smart Institute. Esperto di tematiche geopolitiche e di relazioni internazionali, svolge attività di advisory per diverse società con particolare riferimento agli impatti e alle opportunità offerte da Brexit –

Uno dei temi al centro del dialogo Cina-Europa è l’analisi dello stato dell’arte e delle prospettive future, nel difficile contesto attuale, del progetto denominato Belt and Road Initiative (BRI), o nuova via della seta, che si propone l’obiettivo di semplificare e moltiplicare l’entità degli scambi commerciali e delle interazioni economiche tra Oriente e Occidente, tra la e Cina e le principali economie mondiali.

In questo contesto l’Italia, sin dall’inizio tassello essenziale del progetto in Europa, trova ulteriore centralità da quando negli scorsi giorni la Xinhua Silk Road, piattaforma multimediale di informazioni economiche ufficialmente al servizio del progetto BRI, ha comunicato di avere pronto il lancio della versione in italiano della piattaforma, finora operativa solo in lingua cinese e inglese.

Il progetto BRI
Il progetto denominato Belt and Road Initiative lanciato dal presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping nel 2013 è quello di creare un grande spazio economico eurasiatico, creando un ponte integrato tra Oriente e Occidente, sviluppando la connettività tra la Cina e almeno altri 80 Paesi, per agevolare la circolazione di merci, tecnologie, energia, cultura, con l’intento di incentivare una sempre più intensa collaborazione economica, commerciale e diplomatica tra i Paesi toccati dalla nuova Via della Seta.

La grande opera di connettività infrastrutturale prevede di integrare l’Asia e l’Europa via terra e via mare attraverso due direttrici principali, sulla falsariga dell’antica Via della Seta.

La direttrice terrestre, Silk Road Economic Belt, collegherà i centri produttivi della Cina meridionale all’Europa tramite ferrovia attraverso l’Asia Centrale, e alla Russia alla Turchia e all’India attraverso il Sud-Est Asiatico. E verrà realizzata attraverso la creazione di quattro corridoi integrati:

* il nuovo ponte Eurasiatico (New Eurasian Land Bridge), che collegherà la provincia cinese dello Jangsu a Rotterdam attraverso una ferrovia internazionale;

* il corridoio Cina – Mongolia – Russia da realizzare attraverso l’integrazione di ferrovie e autostrade;

* un collegamento Cina – Asia Centrale – Asia Occidentale che partirà dalla provincia cinese dello Xinjang per giungere fino alle coste del Mediterraneo e alla penisola arabica;

* il corridoio Cina – Penisola Indocinese che unirà il Paese a Singapore;
La direttrice marittima, Maritime Silk Road, permetterà invece alle merci cinesi di raggiungere il Mediterraneo attraverso Suez e il resto dell’Asia tramite il Mar Cinese meridionale.

In aggiunta alle due vie, marittima e terrestre, si dovrebbe sviluppare una Via della Seta Polare attraverso l’Artico con un passaggio dalla Russia e uno dal Canada. Ma il progetto BRI non prevede soltanto un’opera di integrazione infrastrutturale, ma si propone di garantire anche un’azione di integrazione culturale e diplomatica tra i Paesi coinvolti attraverso partnership culturali, scambi informativi, attività diplomatiche.

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L’entità degli investimenti, la task force finanziaria, e gli scambi commerciali
L’entità degli investimenti previsti è sontuosa e prevede una serie di iniziative secondo lo schema della partnership pubblico-privato tra soggetti internazionali. Il governo cinese investirà ingenti risorse ma all’interno dei singoli progetti sono previsti anche investimenti pubblici da parte dei Paesi toccati dalla BRI e da parte di soggetti privati. Il tutto, e questo è oggi un punto delicato su cui c’è grande attenzione, nel rispetto delle normative internazionali e delle normative del Paese in cui verrà eseguito l’investimento.

Al momento sono già stati siglati 103 memorandum di intesa tra 88 Paesi, con una previsione di almeno 1700 miliardi di dollari da investire nel complesso degli interventi programmati, come indicato dall’Ufficio Nazionale di Statistica di Pechino, ma che potrebbero diventare oltre 3000 miliardi di dollari secondo uno studio della British Chambers of Commerce. Già nel 2017 sono stati investiti circa 14 miliardi di dollari nei Paesi dell’area BRI, ad esempio con l’acquisizione del Pireo da parte di Cosco (China Ocean Shopping Company) e l’ampliamento del porto di Gwadar in Pakistan, ed è previsto nel prossimo quadriennio 2018-2020 un investimento da parte del solo Governo Cinese pari ad oltre 100 miliardi di dollari l’anno.

A fronte di tali investimenti nel solo 2017 è stato registrato, secondo fonti dell’Ufficio Nazionale di Statistica di Pechino, un incremento di quasi il 20% degli scambi commerciali tra i Paesi dell’Area BRI.

Del resto i rapporti commerciali tra la Cina e i principali mercati Occidentali è di primaria importanza. Nel solo anno 2016, secondo l’Observatory of Economics Complexity, l’entità degli scambi commerciali tra Cina e Paesi UE a 27 è stata pari a 436 miliardi di dollari, tra Cina e Regno Unito pari a 78 miliardi di dollari e tra Cina e U.S.A. pari a 558 miliardi.

Per supportare una così ingente quantità di investimenti è stata costituita dal Governo Cinese una adeguata Task Force finanziaria, con presenza di azionisti anche esteri, composta da ICBC (Industrial and Commercial Bank of China) che dispone al momento di un fondo dedicato ai progetti BRI per un ammontare pari a 460 miliardi di dollari, AIIB (Asian Infrastructure Investment Bank) con un fondo di 100 miliardi di dollari e Silk Road Fund con una dotazione di 40 miliardi di dollari.

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Le opportunità per l’Italia. Investimenti e commercio
Una grande sfida per l’Italia si gioca sulla capacità di realizzare quelle infrastrutture di trasporto in grado di valorizzare la posizione del Paese al centro del Mediterraneo come porta di ingresso in Europa per le merci provenienti da Oriente attraverso il canale di Suez e per le merci che seguiranno il percorso inverso.

Una prima opportunità è pertanto rappresentata dallo sviluppo dei porti italiani, sia sul versante adriatico che su quello tirrenico. In quest’ottica Cosco (China Ocean Shopping Company) ha già iniziato ad investire acquisendo il 40% del porto di Vado Ligure e aumentando la presenza nel Porto di Venezia attraverso l’Ocean Alliance.

Proprio con questo obiettivo, per l’adeguamento dei porti dell’alto Adriatico, Venezia Trieste e Ravenna hanno aderito alla North Adriatic Port Association (Napa) con l’intento di creare degli Hub internazionali nell’Adriatico insieme ai porti di Capodistria in Slovenia e di Fiume in Croazia. Nei soli tre porti italiani si stima un investimento di oltre 2 miliardi di euro, con la partecipazione al consorzio Napa di ICBC (Industrial and Commercial Bank of China).

L’opera di infrastrutturazione italiana non riguarda solo i porti, ma anche le infrastrutture ferroviarie e autostradali in grado di collegare i porti italiani al resto d’Europa, e gli aeroporti, con in particolare la strategia per fare di Malpensa il terminale di una delle direttrici aeree previste nel progetto BRI.

La centralità italiana, se supportata da un efficiente adeguamento infrastrutturale, potrebbe dare un nuovo lustro al commercio nazionale. Già oggi i Paesi dell’Area BRI acquistano circa il 27% dell’intero export italiano con una stima di crescita nei prossimi quattro anni pari ad oltre il 25%. Gli scambi commerciali con la sola Cina ammontano secondo l’Observatory of Economics Complexity, ad un importo annuo pari a 43 miliardi di dollari.

Per favorire le azioni legate alla presenza italiana nelle opere di infrastrutturazione legate al progetto BRI e per guidare i processi di crescita commerciale, è stata costituita una Task Force composta tra gli altri da Mise (Ministero per lo sviluppo economico), MeF, Istituto Commercio Estero, Cassa Depositi e Prestiti (CDP), SACE, Eni, Enel, Intesa Sanpaolo e Politecnico di Milano.

La task force si occuperà di individuare una short list di Stati toccati dal progetto BRI il cui contesto normativo favorisce la possibilità di finanziare e assicurare le iniziative economiche da parte di CDP e SACE e darà vita ad iniziative promozionali e diplomatiche per favorire le relazioni tra le aziende italiane e le aziende pubbliche e private presenti in questi Paesi e si occuperà di favorire la diffusione informativa dei bandi di gara promossi dalle banche di sviluppo per i progetto BRI.

Sempre in quest’ottica sarebbe, inoltre, opportuno favorire la nascita di Consorzi di eccellenza tra PMI italiane che singolarmente non avrebbero il dimensionamento adeguato a cogliere fino in fondo le opportunità offerte dal progetto BRI sia in termini di investimenti che partecipazione ai bandi di gara che di posizionamento sulle nuove rotte commerciali.

Diplomazia ed economia
Il BRI non rappresenta soltanto una grande opportunità per lo sviluppo del commercio globale ma è anche una grande sfida dell’economia cinese alle principali economie occidentali. La presenza di ingenti capitali cinesi in tutti i progetti all’interno dell’area BRI e la presenza delle aziende cinesi all’interno dei Paesi toccati dal progetto creerebbe un’importante rendita di posizione economica e geopolitica che è uno degli obiettivi dell’iniziativa del Presidente Xi Jinping.

In una prima fase l’attenzione è stata rivolta principalmente al rispetto delle normative da parte dei soggetti coinvolti nei singoli progetti già avviati. È questo ad esempio il caso della linea ferroviaria Belgrado-Budapest il cui progetto è stato al momento interrotto a seguito dell’intervento dell’UE che ha ravvisato il sospetto di presunte irregolarità rispetto alle normative comunitarie.

Ma la necessità di porre in equilibrio gli interessi del commercio globale nel momento in cui il progetto BRI sta per entrare nel vivo è resa ancora più evidente dall’apertura della grave crisi commerciale sfociata nell’introduzione di dazi commerciali tra U.S.A. e Cina e U.S.A. e UE e in grado di rappresentare anche un forte freno al progetto BRI determinando una spinta contraria.

Sarà quindi essenziale ritrovare un equilibrio sui mercati commerciali internazionali, e a tal fine la ripresa del dialogo per la realizzazione della Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) potrebbe favorire una rinnovata integrazione economica e commerciale tra i tre blocchi atlantici, Unione Europea, U.S.A. e Regno Unito, considerato un blocco a se stante per effetto di Brexit, e favorire un’azione congiunta finalizzata alla riforma del WTO per garantire nuove regole e un nuovo equilibrio nel commercio mondiale e creare così le condizioni ideali anche per la prosecuzione del progetto BRI e per l’ottimizzazione dei risultati conseguibili.

Twitter @DottAngiolillo