Il ponte Morandi e lo scollamento fra realtà e immaginazione

scritto da il 06 Settembre 2018

L’autore di questo post è Corrado Griffa, manager bancario ed industriale (CFO, CEO), consulente aziendale in Italia e all’estero, giornalista pubblicista –

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ed altri membri del governo hanno affermato che la ricostruzione del ponte Morandi sarà eseguita da una società pubblica e non dalla concessionaria Autostrade per l’Italia, che sarà chiamata al pagamento della ricostruzione stessa (abbattimento della parte restante del viadotto crollato, progettazione, costruzione). Tenuto conto della tipologia di intervento, della normativa in essere, della convenzione di concessione, le domande da porsi sono quattro:

(1) se l’intervento in oggetto ricada fra le opere soggette a gara europea/internazionale;

(2) quali vincoli all’affidamento dell’opera siano rintracciabili nelle norme UE e nel c.d. Codice degli Appalti;

(3) quali disposizioni siano previste nella convenzione di concessione, e quindi

(4) se l’affidamento dell’esecuzione dell’opera ad un soggetto diverso dal concessionario sia contrattualmente e legalmente consentito, o meno.

Le norme che incidono sulle risposte sono tante, cresciute e rese complesse negli anni; sono lontani i “bei tempi” in cui un amministratore pubblico romano poteva fare riferimento al concetto “ius rebus alienis utendi et fruendi, salva rerum substantia” (diritto di usare e godere dei frutti, mantenendone la sostanza e la destinazione economica) e decidere, per facile analogia, che toccasse a chi utilizzava il bene (nel nostro caso, il concessionario) reintegrarlo nella sua interezza, essendo questo di proprietà di terzi (generalmente, il concedente).

schermata-2018-09-06-alle-10-17-15Partiamo dall’inizio: di chi è il bene (nel nostro caso, l’autostrada) dato in concessione? E chi è il concedente? Proprietario delle rete è lo Stato, il concedente è da ottobre 2012 (prima era l’Anas) il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT).

La Convenzione in essere (datata 1.10.2007, firmata da Anas e integrata da ultimo con Atto Aggiuntivo del febbraio 2018 firmato dal Ministero) fra MIT e Autostrade per l’Italia (concessionario) all’art. 2 pone a carico del concessionario la costruzione e l’esercizio della rete autostradale indicata nella convenzione (inclusi quindi i tratti delle A7, A10 ed A12) a proprie spese e cura; fra questi interventi sono incluse tutte le opere via via rese necessarie per il mantenimento, ordinario e straordinario, della rete (art. 3); in tale veste, il concessionario è tenuto “ad agire a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice” …. negli affidamenti di lavori, forniture e servizi, direttamente connessi alla realizzazione ed esercizio delle autostrade assentite (…) ed in tale veste attuare gli affidamenti nel rispetto del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture …”. Allo scadere della concessione, il concessionario “provvede al trasferimento in proprietà al concedente delle autostrade assentite in concessione”. All’art. 6 è previsto che il concessionario si assuma la responsabilità per danni subiti dal concedente agli impianti, inclusa la loro distruzione parziale o totale, nel corso dell’esecuzione dei lavori (commissionati e/o eseguiti dal concessionario, ndr).

Risulta quindi chiaro che per tutta la durata della concessione il concessionario ha la titolarità sugli impianti, compresi gli interventi a qualsiasi titolo eseguiti, agendo “come se fosse il proprietario”.

Per “cancellare” quanto così previsto, al concedente (ricordiamo: il MIT) resta l’arma dell’esercizio di recesso, revoca e risoluzione della convenzione (art. 9 bis), salvo comunque il diritto del concessionario ad “un indennizzo/risarcimento a carico del concedente in ogni caso di recesso, revoca, risoluzione (…)”. In termini concreti: laddove il governo intendesse procedere alla realizzazione (inclusa la demolizione) del ponte Morandi da parte di una società e/o impresa diversa dal concessionario, dovrà invocare la risoluzione della concessione (chiesta e realizzata dal concedente, quindi il MIT), avendo cura di pagare l’indennizzo dovuto al concessionario (si stima nell’intorno di 20 miliardi di euro).

Passaggio arduo, oneroso (per le finanze pubbliche, quindi per i contribuenti), con ostacoli di non facile “scavallamento”, con tempi prevedibili di definizione “biblici” (anni, forse lustri, magari decenni…), immaginando ricorsi e contro-ricorsi di concessionario e concedente. Invocare una soluzione rapida e definitiva e vederla poi rimandata, rivista, contestata ed impugnata porta unicamente ad un ulteriore “scollamento” fra la realtà e l’immaginazione, che quando va al potere non ha sinora, storicamente nel mondo, ottenuto granché.

schermata-2018-08-19-alle-09-36-48Ma facciamo un salto nel futuro (che nel caso della ricostruzione del viadotto Polcevera va misurato in mesi, pochi e pieni di alacre lavoro; qui è in gioco la vita di una città e di una importante regione con le sue attività ed i suoi bisogni, che non possono attendere il verificarsi di ipotesi “fantasiose”, quindi aleatorie): la concessione è stata risolta e la proprietà, ottenuta la disponibilità delle autostrade, decide di procedere coi lavori di ristrutturazione (demolizione, progettazione, esecuzione della nuova costruzione); ci troviamo davanti al quesito sollevato all’inizio dell’articolo: l’affidamento dell’opera è soggetto alle norme UE? È necessaria una gara pubblica aperta a soggetti italiani ed esteri?

Le norme UE prevedono che per valori degli appalti di lavori superiori a 5.548.000 euro le amministrazioni pubbliche non possano discriminare le imprese registrate in un altro paese dell’UE; quindi le imprese europee hanno diritto di partecipare a gare di appalto per opere pubbliche da eseguirsi in tutti i paesi attualmente parte della UE; come sopra ricordato, anche il concessionario è considerato “amministrazione aggiudicatrice” soggetta alle disposizioni del Codice degli Appalti; laddove, a maggior ragione successivamente alla effettiva risoluzione della concessione, il concedente volesse appaltare la (ri)costruzione di un’opera, il concedente sarebbe quindi soggetto alle disposizioni UE sulla “liberalizzazione delle gare di appalto” dovendo aprire la gara a tutte le imprese UE.

Come il lettore avrà compreso dalla sintetica descrizione che precede, la materia è complessa e di non immediata soluzione attraverso un atto di imperio del governo; atto inevitabilmente – e correttamente, a nostro modesto avviso – impugnabile, con elevato grado di successo in giudizio, dal concessionario e dai soggetti esclusi in sede di aggiudicazione dei lavori, se affidati senza gara pubblica europea. La materia non lascia spazio a improvvisazioni “politiche”; essa è su un piano diverso e su quello deve restare. Piegare la tecnica alle esigenze politiche può produrre gravi danni. E di collusioni tra concedente e concessionari ne abbiamo già viste troppe (e risolte poche, se non nessuna).

Twitter @CorradoGriffa