Inflazione, gli italiani non sanno cos’è ma investono in Bitcoin

scritto da il 19 Gennaio 2022

C’è molto da imparare a scorrere l’ultimo rapporto presentato da Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane. Una ricognizione molto documentata che ci consente non solo di sapere come gli italiani gestiscono i propri risparmi, ma anche il livello di consapevolezza dietro le proprie scelte di investimento. Due cose che nel caso italiano sono curiosamente divergenti: a un alto livello di ricchezza finanziaria, è infatti associata una carente conoscenza finanziaria.

Non sorprende quindi tanto la circostanza che in Italia ci sia un livello molto elevato di risparmio che rimane nei depositi. 

Piuttosto sorprende che negli ultimi anni, complice probabilmente anche lo sviluppo tecnologico, siamo diventati discreti investitori nel mondo esotico delle monete virtuali, a cominciare da Bitcoin, e della finanza decentralizzata. Un settore che ha avuto un notevolissimo sviluppo: ormai vi agiscono decine di milioni di utenti finali a livello globale, per un mercato che ormai ha toccato i 100 miliardi.

Anche gli italiani non sono sfuggiti a questa seduzione. La Consob riporta che circa il 3% del campione monitorato ha usato i propri risparmi per investire in Bitcoin. Una cifra che può sembrar bassa, ma che risulta di assoluto rilievo se si confronta con le altre scelte di investimento e si ricorda che parliamo di mercati non solo molto esotici ma anche non regolamentati.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è schermata-2022-01-18-alle-13.20.21.pngIl crescente interesse verso questi asset, di sicuro incoraggiato dai notevoli guadagni (e perdite) che possono generare, è maturato all’interno di un contesto di tassi di interesse ancora molto bassi, che può aver alimentato una certa fame di rendimento, senza che però sia cresciuta allo stesso la consapevolezza dei rischi. 

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è schermata-2022-01-18-alle-13.22.17.pngLa “fame” di criptovalute, insomma, è una delle tante conseguenza della maggiore propensione al rischio che gli investitori italiani sembrano aver sviluppato nell’ultimo biennio, confermata anche dalla notevole crescita di interesse verso i mercati azionari, frequentati sempre più grazie agli strumenti di trading on line, il cui uso è cresciuto nell’ultimo biennio.

Fra gennaio e ottobre del 2021 gli investitori italiani hanno originato 34 miliardi di transazioni on line  che si confrontano con i 26 miliardi dell’intero 2019, per un controvalore di 119 miliardi di euro di acquisti lordi, rispetto i 93 miliardi del 2019. Ciò a fronte di un calo delle transazioni per le obbligazioni, arrivate a 22 miliardi di acquisti loro nel 2021, a fronte dei 33 del 2019. Insomma: gli investitori italiani dimostrano una maggiore tolleranza al rischio. O almeno sembra.

Il campione osservato da Consob – circa 2.700 persone – ci dice infatti che gli investitori italiani, che sono in larga maggioranza uomini (72%), sono in prevalenza ancora avversi al rischio (76%) e alle perdite. Ma soprattutto conferma il livello ancora molto carente di competenza finanziaria, che si confronta con un livello di ricchezza finanziaria tutto sommato invidiabile.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è schermata-2022-01-17-alle-16.18.18.pngMalgrado siamo diventati amanti di Bitcoin – pur rimanendo un paese di correntisti – coloro che sanno orientarsi su concetti semplici di finanza, come il rapporto fra rischio e rendimento, l’inflazione o l’interesse composto, sono ancora una minoranza.

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L’eredità del nostro passato di Bot people, quando le famiglie finanziavano massicciamente i deficit pubblici lasciandosi irretire da rendimenti a doppia cifra e trascurando l’inflazione, evidentemente chiede ancora il suo tributo.

Il Rapporto tuttavia concede spazio per un certo ottimismo. “Il livello di conoscenza finanziaria di base dei decisori italiani, pur rimanendo contenuto, ha continuato a crescere”, recita. Anche se rimane bassa l‘attitudine all’educazione finanziaria, visto che “il 43% degli intervistati non avverte la necessità di approfondire temi potenzialmente utili in occasione di scelte importanti”. Speriamo che per quando avremo imparato tutti cos’è l’inflazione, rimanga qualcosa, nei nostri portafogli. A parte i Bitcoin.