Undicesimo comandamento: non tradire la generosità dei fornitori

scritto da il 04 Maggio 2017

Pubblichiamo il terzo di una serie di post di Fabio Bolognini, blogger e cofondatore di Workinvoice

Virgilio è pronto di nuovo. Per chi si è appassionato al viaggio nell’inferno delle piccole imprese è tempo di una nuova tappa, la terza. Oggi attraversiamo il girone degli imprenditori segnati dal marchio del tradimento.

Non si tratta di tradimento coniugale, bensì della fiducia di colleghi imprenditori, e per questa colpa ai dannati è stata tolta la parola, quella che hanno tradito, e sono condannati a nutrirsi delle carte e delle cambiali che non hanno onorato. Qui il tradimento è considerato uno dei peccati più gravi perché – ve lo dico senza mezze misure – la solidarietà silenziosa tra imprenditori, soprattutto i piccoli, è uno dei valori più importanti. In questi anni di crisi, quando la luce in fondo al tunnel si allontanava sempre, l’unica dose di flessibilità a cui aggrapparsi era quella di altri imprenditori-fornitori. Il sistema delle banche impaurito dalle troppe sofferenze e timoroso di ogni rischio non era più in condizione di offrire soluzioni.

Tra i dannati di questo girone avrebbe dovuto esserci un altro sig. Gianni, con il quale ho passato varie ore seduto a un tavolo, troppo lungo per una piccola impresa che non ospita consigli d’amministrazione da 20 membri. La sua srl non aveva consiglieri, lui, il sig. Gianni da solo in tutto e per tutto, ostinatamente. Con il suo consueto educato candore e con poco preavviso mi aveva invitato a tornare ‘in ditta’ per incontrare uno dei suoi principali fornitori con cui era stato fissato un appuntamento.

Nelle visite precedenti si era parlato più di banche e di credito che di fornitori, ma il sig. Gianni aveva menzionato il fornitore dal granducato di Bergamo (l’altro sig.Gianni) come persona che aveva dato negli anni “un appoggio costante” (definizione che nel linguaggio del piccolo imprenditore identifica il fornitore paziente).

Entrato nella sala riunioni, il fornitore mi accolse con una stretta di mano molto vigorosa squadrandomi con malcelata diffidenza. Finiti i convenevoli il fornitore andò rapidamente in ebollizione affermando – con mia sorpresa assoluta – che la sua pazienza si era esaurita e che l’ingente credito di fornitura concesso nel tempo andava saldato dopo troppe promesse non mantenute. I piani di un’integrazione verticale tra le due aziende – che il mio sig. Gianni aveva ipotizzato nelle riunioni precedenti tra le dieci idee per raddrizzare il conto economico – andarono in frantumi insieme alle imprecazioni.

Curiosamente il fornitore, approfittando di una pausa caffè, mi prese da parte per una concitata e rapida narrazione del rapporto storico e amichevole che legava i due Gianni (molto più che le due aziende), maledicendo la disponibilità e i consigli inutilmente dispensati mentre il suo partitario clienti si gonfiava mese dopo mese raggiungendo una cifra oggettivamente cospicua. Frasi in cui era racchiusa la delusione di parole date e non mantenute, un tradimento della fiducia che risultava intollerabile più di un’ispezione della Guardia di Finanza.

Lo sfogo, perché di questo si trattava, si manifestò durissimo schiantando le speranze di una soluzione ragionevole e veloce, perché era equivalente a una dichiarazione di guerra, a una scelta irrevocabile che avrebbe condannato il sig. Gianni a giorni durissimi. Dopo avere fatto passare qualche settimana provai a convincere il fornitore, spalleggiato arcignamente dal suo legale e dal commercialista, che l’unica soluzione rimasta per tentare di recuperare il credito era quella di rilevare la società, all’interno di una procedura concorsuale.

Purtroppo il danno alla fiducia era oramai irreparabile e la rabbia personale superava di troppo le ragioni della contabilità e dell’obiettività. Piuttosto che salvare il credito e continuare ad avere rapporti di lavoro personali il fornitore preferiva fare istanza di fallimento. E così fece, spingendo la piccola società del sig. Gianni tra le 12.000 società dichiarate fallite ogni anno.

Ma i fallimenti non spengono sempre lo spirito imprenditoriale del popolo dei Gianni. Molti di loro, tra un’udienza del tribunale fallimentare e quella successiva (trascorrono diversi mesi, di solito, in Italia), cullano sogni di rivincita. La Commissione Europea ha ripetutamente accusato l’Italia di fare molto poco per concedere una seconda possibilità agli imprenditori, specialità in cui siamo non a caso in fondo alle classifiche europee.

A riprova di quanto dico, il sig. Gianni è riapparso dopo un anno per chiedere consigli su come ripartire con una nuova impresa nello stesso tipo di attività. Così il giudizio e la punizione infernale sono state sospese in attesa di vedere come se la caverà la seconda volta e, per il momento, le sue energie non più giovanili sono dedicate alla ricerca di capitali per fare partire la seconda vita imprenditoriale.

Però, questa volta, Gianni sembra essere partito con il piede giusto, facendo tesoro della prima esperienza negativa. Prima di tutto cercando una dote maggiore di capitale di quanto avesse mai riversato nella prima azienda e, soprattutto, cercando di trovare compagni di viaggio, forse per necessità, forse per il buon senso che consiglia di condividere progetti e idee, rinunciando alla tentazione di essere navigatore solitario, senza mai trarre beneficio dal confronto delle opinioni.

Poi si è presentato a sorpresa con dei numeri ordinati in righe e colonne per provare a calcolare insieme quanto capitale occorre per finanziare le vendite ai clienti, senza contare troppo sulla generosità del sistema bancario. Un sistema che non ama troppo gli imprenditori con sbagli nel passato e li costringe a nascondersi dietro parenti o professionisti delle cariche societarie.

Tutto sommato questa cosa di partire senza fare conto sui prestiti delle banche non è una cattiva idea. C’è sempre tempo per indebitarsi quando entrate e uscite saranno più prevedibili. E magari sospendere la punizione in eterno, riscattandosi. Forse non sarà una startup innovativa, forse non sarà facile combattere in un settore maturo, ma esperienza e mestiere non gli mancano. Soprattutto, al nostro signor Gianni non manca il desiderio di rialzarsi e tornare al lavoro.

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