Gli ultimi conti di Bruxelles sul prossimo crack bancario

scritto da il 22 Maggio 2015

Pensare al meglio e prepararsi al peggio, ammonisce la saggezza popolare, che ormai scopro essere patrimonio persino degli economisti di Bruxelles.

Costoro, ci hanno regalato un delizioso paper l’aprile scorso (“Banking Stress Scenarios for Public Debt Projections“) che si propone di rispondere a una domanda che ci facciamo tutti: cosa succederebbe ai bilanci pubblici, e quindi in definitiva a noi tutti, se si verificasse un crack bancario stile 2008?

Già il fatto che alla Commissione Europea si facciano certe domande è di per sé degno di nota. In fondo non deve essere così remota, questa possibilità se ha dignità di ricerca.

Anche perché quasi 600 miliardi dopo – tanto è costato all’incirca agli stati europei il salvataggio del sistema bancario otto anni fa – è quantomeno saggio chiedersi quanto ci costerebbe di nuovo ripulire le banche dai loro problemi, che in fondo sono i nostri. Almeno per sapere se possiamo permettercelo.

Ebbene: al bilancio pubblico italiano, nella peggiore delle ipotesi, le banche da salvare costerebbero appena uno 0,89% del Pil: una decina di miliardi.

I risultati sono riassunti in questa semplice tabella, che però richiede una qualche prolusione per essere apprezzata.

Vale la pena ricordare i danni che possono fare le banche ai bilanci pubblici. E i casi dell’Irlanda, che fra il 2007 e il 2013 ha visto il debito/Pil crescere di quasi 100 punti, o della Spagna, dove è cresciuto “solo” del 50%, sono più che sufficienti.

Le stime sono ricavate dal modello Symbol (Systemic Model of Banking Originated Losses), che simula le perdite utilizzando dati bancari reali presi da Bankscope, un database commerciale.

Nel modello si stima un monte di asset bancari pari a oltre 37 trilioni di euro, che copre il 72% del totale degli asset bancari europei. Di queste banche, 71 sono considerate sistemiche perché hanno asset superiori a 3 miliardi di capitale Tier 1.

Sulla base dell’esperienza post 2008, che ha condotto a perdite e ricapitalizzazioni per un totale di circa 590 miliardi, il modello ipotizza un impatto simile di una ipotetica crisi futura, con l’avvertenza che si tratta di una probabililtà “teoretica” più che teorica quella che la magnitudo di una futura crisi abbia impatto simile a quella post 2008.

Insomma, al netto di queste ed altre ipotesi, il modello estrae alcune stime che, al di là della loro attendibilità ci dicono alcune cose sul sistema bancario europeo e in particolare su quali sistemi bancari nazionali siano più o meno robusti. La simulazione ipotizza che l’evento bancario traumatico si verifichi nel 2015.

La prima informazione che traggo dai risultati è che i paesi più esposti, dal punto di vista fiscale, a causa della fragilità del loro sistema bancario sono il Portogallo, che rischia di pagare fino al 6% del Pil il crack delle sue banche, quindi la Spagna e l’Olanda, cui un dissesto bancario potrebbe costare fino, rispettivamente, al 3,5 e al 4% del Pil.

Anche la Francia, che ha uno dei sistemi bancari più importanti dell’area, rischia di pagare un conto salato, quasi il 3% del suo Pil. Al contrario Belgio e Italia se la caverebbero con relativamente poco: 0,76 il Belgio e 0,89 l’Italia. Il primo perché il peso degli RWS (risk-weighted asset), ossia gli asset ponderati per i rischio, è basso. La seconda perché ha un alto livello di capitalizzazione.

La Germania se la caverebbe con l’1,73%, un po’ più del Regno Unito, all’1,66%.

I risultati cambiano, ed è facile capire perché, se attorno al bilancio pubblico viene attivato il salvagente del bail-in e del fondo di risoluzione, ossia tutto ciò che l’Europa ha realizzato nell’ultimo biennio, in particolare con l’approvazione dell’Unione bancaria.

Nel caso italiano, l’applicazione del bail in ridurrebbe l’onere a carico del bilancio pubblico allo 0,45% e se fosse operativo anche il fondo di risoluzione, arriveremmo allo 0,05%. Per gli altri paesi il copione si replica, ma vi risparmio le cifre perché il ragionamento è chiaro.

Bail-in e fondo di risoluzione, insomma, abbattono notevolmente l’impatto delle crisi bancarie sul bilanci dello stato.

Come volevasi dimostrare.

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