Mobilità urbana, i taxi volanti sono destinati a rimanere un sogno?

scritto da il 03 Giugno 2019

L’autore di questo post è Niccolò Bianchini, laureando a SciencesPo, Parigi – 

Imbattendosi in En l’An 2000, la serie di cromolitografie raffiguranti la vita nell’anno 2000 che vari artisti tra cui Jean-Marc Côté e Villemard realizzarono in occasione dell’esposizione universale di Parigi del 1900, difficilmente non si rimane al contempo affascinati e divertiti dal tocco fantasy retrofuturista delle previsioni su quella che sarebbe stata la vita nel nuovo secolo: temi ricorrenti sono la meccanizzazione delle attività umane, la colonizzazione del mare e quella dei cieli. Tra le immagini dedicate a quest’ultima se ne trova una in particolare, ritraente delle persone che da una stazione di decollo si accingono a prendere dei taxi volanti, il cui potere predittivo potrebbe essere stato sottovalutato.

La fascinazione che le macchine volanti hanno esercitato sull’uomo è ben nota e ha trovato ispirazione sin dai disegni di Leonardo Da Vinci fino a film divenuti culto come Blade Runner, Ritorno al Futuro e Harry Potter. La prospettiva di spostare il traffico urbano nello spazio aereo è più volte apparsa alla portata: se quando nel 1940 dichiarò che le macchine volanti erano all’orizzonte Henry Ford peccò di ottimismo, Isaac Asimov potrebbe aver sbagliato il proprio pronostico di appena una decina di anni quando nel 1967 ipotizzò che nel 2014 jet ad aria compressa avrebbero sorvolato le nostre città rendendo i ponti meno importanti.

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Lo scorso 16 maggio Lilium, startup tedesca fondata nel 2015 da quattro studenti di ingegneria e con base a Monaco di Baviera, ha rivelato al mondo il suo elegante modello di jet dalla forma ovale a 5 posti – pilota incluso – e ad alimentazione completamente elettrica che è pronto a rivoluzionare la circolazione urbana a partire dal 2025. Il velivolo, il cui design ha ricevuto i complimenti da Elon Musk su Twitter, sarà un E-VTOL (Electric, Vertical Take-Off and Landing) che decollerà e atterrerà verticalmente salvo poi muoversi orizzontalmente, percorrerà 300 km in un’ora così da ridurre sensibilmente il tempo di percorrenza di metropoli e regioni più trafficate e secondo R. Gerber, direttore commerciale di Lilium, riproponendo il modello Uber offrirà un servizio on demand e ad un costo accessibile alle masse. Così ad esempio un volo dall’Aeroporto JFK di New York fino a Manhattan avrà un costo di circa 60 dollari, comparabile a quello di un taxi ordinario, ma impiegherà appena 6 minuti contro i 60 attualmente necessari.

Lilium, che ad oggi conta 300 impiegati, ha in mente non soltanto di produrre i jet ma anche di gestire in prima persona il servizio di prenotazione dei taxi tramite una sua app e utilizzando le piattaforme di atterraggio dei principali grattacieli come stazioni di servizio. La compagnia fino ad oggi ha raccolto 100 milioni di dollari e tra i suoi investitori principali annovera la società di venture capital Atomico e il colosso informatico cinese Tencent, attratti dalla prospettiva che essa possa rappresentare un “cambiamento di paradigma fondamentale dei viaggi del futuro sia per le regioni sottosviluppate caratterizzate da un’assenza d’infrastrutture che per il mondo sviluppato afflitto dalla congestione del traffico” secondo le parole di D. Wallerstein, a capo del dipartimento di esplorazione di Tencent.

Morgan Stanley prevede che il mercato dei taxi volanti raggiungerà entro il 2040 un valore di 1.500 miliardi di dollari con il traffico di passeggeri che rappresenterà 851 miliardi. Secondo A. Jonas, analista di ricerca a Morgan Stanley “il mercato è ancora ad una fase iniziale e comincerà ad operare in ambienti più controllati attraverso il servizio di piattaforme di trivellazione a largo delle coste e la consegna di organi salvo poi svilupparsi gradualmente in servizi quali la consegna di beni e il trasporto passeggeri”.

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Se è vero che ha già contatti avviati con diverse metropoli per collaborazioni commerciali, Lilium non è però la sola compagnia che sta sviluppando velivoli destinati alla mobilità urbana. Almeno altre 19 compagnie infatti stanno lavorando a proposte alternative: tra queste i grandi manifatturieri aerospaziali come Airbus, Rolls Royce e Boeing and Bell e i più grandi nomi della tecnologia.

Lo scorso 10 maggio Uber, durante una conferenza organizzata a Los Angeles dalla propria divisione dedicata Uber Elevate, diretta dall’ex ingegnere della NASA M. Moore, ha dichiarato di voler lanciare i propri taxi volanti entro il 2023 proprio in collaborazione con la celebre agenzia aerospaziale americana. Mentre il costo stimato per ciascuno di questi velivoli si aggira attorno a 1 milione di dollari, un incremento massiccio nella manifattura aeronautica, di entità inedita sin dalla seconda guerra mondiale, aiuterebbe ad abbatterne il costo fino a 150.000 dollari e a rendere il costo del servizio simile a quello dei taxi odierni. Nonostante i numerosi critici dell’industria che vedono in Uber Elevate un modo per distogliere l’attenzione dai recenti fallimenti della compagnia, Uber promette di cominciare a testare il proprio modello di trasporto aereo on-demand entro il 2021 e a questo fine ha in mente di realizzare una rete aggiornata in tempo reale di velivoli che operino assieme su ampia scala.

Dara Khosrowshahi, amministratore delegato di Uber dallo scorso agosto, è convinto che problemi quali l’intasamento della viabilità urbana e l’inquinamento possano essere soltanto risolti rivolgendosi al cielo, non tanto metaforicamente ma in pratica, “superando le due dimensioni attualmente a disposizione e servendosi della terza dimensione”.

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Un altro attore importante in questa corsa ai cieli è senz’altro Kitty Hawk, startup con base nella Silicon Valley, il cui nome rimanda alla località del Carolina del Nord dove i fratelli Wright effettuarono i primi tentativi di volo sin dal 1901, e che conta tra i suoi investitori Larry Page, co-fondatore di Google. Il suo modello Cora è un velivolo E-VTOL per un passeggero, ultraleggero, e alimentato da otto motori elettrici rotori, che negli anni scorsi è stato testato segretamente in Nuova Zelanda per mesi, ed utilizza un software di volo automatico che combinato con il controllo umano rende l’esperienza di volo possibile anche senza alcun addestramento pregresso.

Altri attori importanti sono la startup tedesca Volocopter e la compagnia produttrice di droni cinese Ehang.

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I vantaggi derivanti dal trasferire il traffico urbano nei cieli sono innegabili sia per i pendolari che per le amministrazioni: la circolazione nelle città ne beneficerebbe considerevolmente – secondo Uber il tempo medio impiegato per muoversi dalla periferia fino al centro di New Delhi passerebbe dalle 4 ore a 6 minuti – e al tempo stesso il risparmio generato sulle infrastrutture sarebbe considerevole. Che la viabilità urbana sia un problema non è una novità e non è un caso che a San Paolo, quinta città più congestionata al mondo secondo Inrix, i clienti più facoltosi possano accedere a Voom, servizio di prenotazione di elicotteri on demand, tanto da far scherzare i cittadini sul fatto che su Avenida Paulista, la strada principale della città, si trovino più eliporti che fermate dell’autobus.

Tuttavia, nonostante i miliardi investiti attualmente nel suo sviluppo, gli ostacoli alla realizzazione di questo vecchio-nuovo sogno sono ancora numerosi e non trascurabili.

In primis la tecnologia, nonostante i passi da gigante, sembra ancora non essere del tutto pronta.

Per quanto concerne le versioni elettriche, la densità energetica delle batterie, nonostante l’aumento annuale del 4% registrato negli ultimi 20 anni, non è ancora forte abbastanza per sostenere un decollo verticale ed un volo di più di qualche minuto. Attualmente le migliori batterie hanno soltanto l’1.7% del rapporto potenza-peso oomph del kerosene: la panna montata conserva l’energia 13 volte più efficientemente. Mentre nelle automobili il peso spunta l’efficienza, nei velivoli l’affossa letteralmente.

La messa in sicurezza e la regolazione del traffico aereo rappresentano invece secondo gli esperti l’ostacolo principale.

Se per evidenti e comprensibili ragioni il processo di certificazione delle componenti di un velivolo è molto più rigido e complesso dell’equivalente per un’automobile, secondo P. Kopardekar, a capo degli esperimenti della Nasa sul trasporto aereo, anche laddove i problemi d’inquinamento acustico e sicurezza – soprattutto la visibilità ridotta dalla presenza di grattacieli e gru – che frenano gli elicotteri venissero risolti, si dovrebbe ancora fare i conti con aeroporti che in città come New York sono già gremiti e con uno spazio aereo sempre più affollato da ronzanti droni pilotati ad uso commerciale. È per queso che la NASA sta già lavorando ad un sistema di controllo automatico del traffico aereo che permetterà ai velivoli di comunicare direttamente l’uno con l’altro invece di attendere indicazioni da un qualche controllore umano: i cieli saranno così invasi da macchine comunicanti tra di loro.

Tuttavia la regolazione del traffico aereo di velivoli che nel lungo periodo non avranno alcun pilota dovrà essere concepita dalle fondamenta da organi come l’americana Federal Aviation Administration (FAA), dall’Amministrazione dell’Aviazione Civile Cinese (CAAC) e l’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea (AESA) e a questo proposito qualsiasi discussione sulle modalità di condivisione dello spazio aereo è ancora lungi dal cominciare.

Inoltre i taxi volanti dovranno fronteggiare le medesime sfide che impegnano i veicoli terrestri. Qualsiasi sistema di trasporto finisce presto con l’intasarsi e così come costruire nuove strade incentiva un maggior numero di persone a guidare, lo stesso verosimilmente avverrebbe nei cieli. Secondo A. Jonas, affrontare il tema della regolazione vorrà dire prendere il toro per le corna. Mentre il rumore di un drone non è comparabile a quello di un elicottero, questo può comunque risultare fastidioso e inoltre ci sono timori concreti relativi a privacy, sicurezza dei passeggeri e cibernetica qualora questi velivoli potessero essere hackerati.

Infine i problemi riguardano anche la logistica dato che le piattaforme di atterraggio e decollo di Uber Elevate ad esempio avranno una capacità ridotta di circa 12 taxi volanti così da prevenire la formazione di code. Inoltre il consueto “problema dell’ultimo miglio”, spada di Damocle su tutti i tipi di trasporto di massa, farà sì che per raggiungere i punti di decollo gli utenti dovranno necessariamente attraversare le strade più affollate.

Non è ancora chiaro se il pubblico sarà entusiasta o meno all’idea di una “Uber dei cieli”. Un sondaggio condotto l’anno scorso in alcune delle principali città americane dalla società di consulenza americana Booz Allen Hamilton, ha registrato che mentre soltanto il 10% circa dei rispondenti esprimevano preoccupazioni circa la prospettiva di viaggiare in un velivolo urbano, tale figura saliva al 60% laddove il velivolo urbano in questione fosse senza pilota.

Se Lilium e i suoi competitor riusciranno a convincere appieno le autorità che l’aviazione urbana funzionerà da catalizzatore per lo smaltimento del traffico allora presumibilmente sarà avviata una sinergia con i pianificatori urbani. Qualora questo nuovo paradigma riuscisse ad affermarsi con successo, sia le nostre abitudini che il nostro habitat muterebbero radicalmente. Inizieremmo progressivamente a vivere al di sopra delle città e non soltanto all’interno o al di sotto di esse. La distanza di percorrenza da un punto A ad un punto B non rimarrebbe soltanto teorica in quanto la via più rapida per raggiungere una certa destinazione diverrebbe finalmente una linea retta.

Tuttavia la mobilità urbana rappresenta una sorta di cane che si morde perennemente la coda: le sue necessità evolvono continuamente e le possibili risposte ai vecchi problemi spesso finiscono per porre nuove criticità. Del resto l’automobile venne inizialmente presentata come una soluzione al traffico salvo divenire al giorno d’oggi l’emblema della congestione urbana. Così qualora il passeggero di domani dovesse ritrovarsi bloccato in fila su una piattaforma di atterraggio sulla sommità di un grattacielo a controllare impazientemente il proprio orologio, con ogni probabilità la vista panoramica sulla città sottostante e l’idea tutt’oggi romantica di spostarsi tra le nuvole non basteranno a rasserenarne quello stesso stato d’animo afflitto proprio del cittadino odierno alle prese con l’asfissiante tran tran metropolitano.