Il Coronavirus richiede statisti, ma vince la burocrazia e abbiamo solo statali

scritto da il 31 Marzo 2020

L’autore del post è Stefano Capaccioli, dottore commercialista, fondatore di Coinlex, società di consulenza e network di professionisti sulle criptovalute e soluzioni blockchain, nonché presidente di Assob.it –

Il Coronavirus è una tempesta che smaschera e mette a nudo le verità, offrendole alla vista di tutti o, almeno, di chi le vuole vedere.

La bulimia normativa della nostra pubblica amministrazione ha dimostrato tutto il suo splendore e le sue capacità: in due mesi sono state generate più di 300 pagine di decreti legge, Decreti del Presidente del consiglio dei ministri, decreti ministeriali, ordinanze della protezione civile (alla data del 24 Marzo qui), in un corto circuito di norme, rimandi, modifiche a decreti precedenti con utilizzo di terminologie che paiono provenienti più da Wikipedia che da giuristi.

Quattro modelli diversi di autocertificazione sono usciti in neanche 20 giorni, novelli azzeccagarbugli sono a cercare di comprendere quale attività devono essere chiuse e quali autorizzate ad aprire, tra eccezioni delle eccezioni, a comprendere i metri autorizzati per l’allontanamento dalla propria abitazione, quanti nel concetto di “in prossimità” per l’attività fisica e quanti di “nei pressi” per l’uscita con il cane: il tutto con Regioni e loro governatori, Sindaci e novelli sceriffi di Nottingham che emettono ordinanze come coriandoli al Carnevale di Viareggio, in un’orgia di testi, richiami, premesse e modelli, comparsate in televisione e sui social a canali unificati.

Il precedente articolo era Caro Fisco, non siamo tutti uguali davanti al coronavirus: il decreto #CuraItalia sbandierato ai quattro venti nelle varie dirette Facebook, è stato partorito due giorni dopo la scadenza che avrebbe dovuto spostare, vedendo la luce nella mattina del 18 Marzo (anche se porta la data del 17, ma vuol farsi più vecchio come gli adolescenti).

Il principio nel testo dell’Art. 60 del decreto #CuraItalia n. 18/2020 – (Rimessione in termini per i versamenti) è il seguente 1. I versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, inclusi quelli relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali ed ai premi per l’assicurazione obbligatoria, in scadenza il 16 Marzo 2020 sono prorogati al 20 Marzo 2020.

Lo spostamento dalla data di versamento per le imprese con più di due milioni di euro di fatturato è dal 16 al 20 di Marzo, quindi solamente di due giorni dalla pubblicazione!

La lettura di tutto il Titolo IV del decreto #CuraItalia genera una sensazione di inadeguatezza pensando al principio “la legge non ammette ignoranza”: nella infinita paludosa ragnatela di norme, normine e normette (con sempre l’imperituro richiamo, “sono abrogate le norme precedenti qualora incompatibili con la presente”) l’interprete e l’impresa si arrendono e segue la scia delle istruzioni che ogni Istituto emetterà, rassegnato di fronte ad un potere il cui unico obiettivo è autoaffermare la propria esistenza, visto che è un campo minato comprendere chi ha diritto alla sospensione e per quali tributi.

Il decreto riserva tante sorprese, mostrando l’atteggiamento punitivo nei confronti delle imprese e l’assoluto distacco dalla realtà imprenditoriale del paese:

– Il proclama “Nessuno perderà il lavoro” è stato realizzato attraverso il divieto per legge di qualsivoglia licenziamento per giustificato motivo oggettivo (art. 46) che come è noto comprende oltre le ragioni inerenti all’attività produttiva il notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro.

– Data la sospensione di 84 giorni degli Uffici Finanziari per le attività di controllo, vengono estesi di due anni i termini per gli accertamenti, utilizzando una norma introdotta per gli eventi sismici, dimostrando la tracotanza nei confronti del contribuente (disequilibrio sottolineato finanche dalla Corte dei Conti)!

Se qualcuno ritiene che il virus possa essere sconfitto con la burocrazia, ha sbagliato di grosso.

In questo sistema fare impresa diventa un’azione contro natura, dato che oltre gli eventi naturali negativi, si mettono di traverso anche le stesse Istituzioni.

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L’ipertrofia normativa italica, poi, sta mostrando il suo lato deteriore, rendendo impossibile qualsivoglia attività economica, macellando quelle esistenti ed impedendo a chiunque voglia avvicinarsi ad intraprendere, rispettando le regole (vedi qui alcune riflessioni)
Orbene, con queste premesse, lo tsumami economico che si sta avvicinando si ingrosserà sempre di più e ci presenterà il conto di questi ultimi trent’anni passati seguendo la spesa facile a fini mediatico elettorali (veggasi qui e qui), la criminalizzazione dell’impresa e dei contribuenti e la delega delle nostre regole ai burocrati.

La gestione di questa crisi avviene con tempi da format televisivo, in un momento drammatico:

– Annuncio di diretta (tramite social);
– Ritardo sulla diretta (suspence);
– Diretta in cui si annuncia un provvedimento (ancora non esistente ma spacciato come tale);
– Ritardo sul testo del provvedimento (suspence per gli addetti ai lavori);
– Circolazione informale della bozza di Provvedimento;
– Analisi delle reazioni alla bozza di Provvedimento;
– Ripensamenti vari;
– Annuncio di firma e bollinatura
– Pubblicazione.

Tale ritualità può permettere di mantenere un consenso popolare (populistico) di breve termine, ma appare come un maldestro tentativo di nascondere l’improvvisazione, aumentando la sfiducia delle imprese perché poi i provvedimenti vengono letti.

Il paese, fuori da tali show televisivi, è chiaramente dominato dalla burocrazia, dato che la classe politica per rinuncia, per convenienza o per insipienza ha oramai abdicato al suo ruolo.

Il politico recita quindi il ruolo di mero portavoce, di attrazione da baraccone con la mascherina (talvolta anche messa male), rassicurante, senza qualità e senza valore, e deve apparire (o meglio essere) mediocre esattamente come l’uomo medio, seguire la massa informe di pensiero, mentre il burocrate comanda, con l’obiettivo di riunire in sé, finalmente, il potere legislativo, esecutivo e giudiziario, seppellendo per sempre Montesquieu e il suo sorpassato “Lo Spirito delle Leggi”.

L’impresa è, quindi, letteralmente stritolata dalla Pubblica Amministrazione; il DL Cura Italia necessita di oltre 30 decreti che serviranno per la sua attuazione e che presumibilmente non vedremo mai, dato che in Italia sono certe le tasse, la morte e la mancanza del decreto attuativo.

L’obbligo di richiesta di cassa integrazione, dato che non vi è possibilità di licenziamento, passa per procedure diverse a seconda dell’impresa, con venti regioni con le proprie delibere e con enti bilaterali, casse edili, associazioni di categoria, sindacati, decine di software da scaricare, elenchi da allegare, autocertificazioni, carte di identità e liberatorie, foraggiando organizzazioni che non creano alcun valore ma solo poltrone per mantenere il consenso e retribuire una inutile classe politica.

Il paesaggio è inospitale per l’economia, dato che non è possibile costruire sulle sabbie mobili dei sofismi e delle interpretazioni capziose e con un codice della Crisi di Impresa che invita ad atteggiamenti volti ad evitare il rischio (vedi qui).

Forse il virus che rischia di uccidere il nostro paese non è il CoViD19, ma la nostra incapacità di sburocratizzare un paese, ove per qualsiasi cosa c’è l’intervento dello Stato: il tutto senza mai alcuna responsabilità, senza ritegno, come le gare Consip per il Covid19 (prima gara del 13 marzo 2020!), in linea con il Povera Patria di Franco Battiato.

È un momento in cui c’è bisogno di statisti, ma abbiamo solo statali, che il 27 riscuotono, indipendentemente da tutto e da tutti, come i 300 dipendenti assenteisti dell’Azienda Ospedaliera di Crotone, che ci ricordano che il pubblico impiego è formato anche da simili comportamenti, che saranno sempre giustificati, sull’altare del dirittismo italiano (come i 767 Vigili Urbani di Roma Capitale del 31.12.2014) e che fanno da negativo agli operatori sanitari che muoiono da eroi in corsia con turni disumani.

Jorge Bergoglio ha sottolineato: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti.”

Bene, rendiamoci conto che i remi più pensanti li muovono le imprese e gli imprenditori; occorre quindi che tutto il paese si metta finalmente a supporto di questi, creando le condizioni ospitali e remando insieme a loro: solo così potremo uscire da questa palude, altrimenti non resta che attendere che il sole splenda sulle sciagure italiche.

Twitter @s_capaccioli 

Graber, Burocrazia, 2016 per un’analisi antropologica
Celotto, dott. Ciro Amendola, direttore della Gazzetta Ufficiale, 2014 per un’analisi semiseria.