Nell’anno orribile del Turismo, Italia (forse) campione del mondo

scritto da il 24 Dicembre 2020

Post di Luca Martucci, consulente ed esperto di marketing di destinazione – 

Una buona notizia tra tante disgrazie. Non è l’ennesima autocelebrazione nazional-popolare , l’analisi del sentiment o la solita constatazione che l’Italia è la prima nei sogni di tutti i turisti. Sono le statistiche ufficiali dei vari paesi a dirlo ed ogni tanto è bene fare un confronto tra le stesse, pratica poco usata in Italia.

Tutte le destinazioni hanno accusato forti perdite, ma nel caso dell’Italia il contatore sarebbe sceso meno. Come noto da anni il Bel Paese si posiziona al quinto posto del ranking mondiale. Quest’anno potrebbe balzare al secondo o addirittura al primo!

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Il nuovo interessante dashboard della UNWTO permette di verificare i trend più aggiornati per ogni paese, fatta eccezione per la prima della classe. Sembrerà incredibile ma la Francia ancora non ha pubblicato il dato finale degli arrivi del 2019!

Secondo Atout France questo numero sarebbe pari a 90 milioni (incluso territori d’oltre mare). Su qualche media abbiamo letto di un calo del 50% di arrivi internazionali nel primo semestre di quest’anno . Di più non è dato sapere. Il grande mistero od il bluff, che molti riconoscono, ma che nessuno ha davvero il coraggio di mettere sul tavolo, è destinato, per diritto divino ed accettazione supina, a sopravvivere anche al Covid.

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Sebbene nel database della UNWTO i dati per il Regno Unito siano fermi a giugno, Visit Britain ha già pubblicato il forecast 2020 di 9,6 milioni di arrivi (– 77 % ). Noi diamo per scontato che i cugini d’oltralpe saranno gli Indisturbati campioni del mondo ancora una volta, ma in Messico stimano che la destinazione salirà dal 7º al 3º posto e che la prima destinazione sarebbe l’Italia*, davanti anche alla Francia! Alcuni media riferiscono che la stima è basata su una previsione della OMT ( UNWTO) ma non abbiamo trovato tale evidenza.

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Fonte: Secretaría de Turismo del governo del Messico

Grazie al presunto vantaggio accumulato fino a settembre, rispetto a Spagna e Stati Uniti e viceversa, non ci dovrebbero essere sorprese almeno sulla medaglia d’argento, a meno che Banca d’Italia non riveda i dati retroattivi al ribasso come ha già fatto per luglio ed agosto con la pubblicazione dei dati di settembre.

In attesa che il sorpasso almeno di Cina, USA e Spagna sia certificato dalle statistiche mondiali, e che qualcuno se ne accorga anche in Patria , facciamoci qualche domanda su questa incredibile performance.

Siamo stati più bravi nel marketing o forse abbiamo gestito meglio la pandemia ?

Il benchmarking naturale è con la Spagna. Il gap in termini di strategie e marketing che avevamo evidenziato un paio di anni fa è lo stesso. Basta dare un’occhiata alle iniziative lanciate quest’ anno per confrontarle con quelle nostrane e rendersi conto che ancora non c’è gara! Lo testimoniano il rilancio del sito, i vari video promozionali, le fiere virtuali B2B o l’installazione in pieno centro di Roma di uno spazio digitale per promuovere la destinazione.

Il crollo della Spagna è ovviamente imputabile in gran parte alle isole, ma c’era chi sosteneva che l’Italia, ipoteticamente prima destinazione in Europa dei turisti intercontinentali, avrebbe sofferto di più dello stop dei voli e della chiusura delle barriere.

Va tenuto presente che la Spagna ha optato per la scelta radicale di considerare zero arrivi per i mesi di aprile e maggio, mentre Banca d’ Italia ha contato negli stessi mesi 1,5 milioni di turisti stranieri.

Sarebbe necessario un confronto dell’ offerta di voli e delle provenienze nel dettaglio daì vari mercati, ma di certo lo Stivale ha beneficiato di um maggiore livello di accessibilità via terra.

Ci possiamo fidare di queste statistiche, e soprattutto di quelle nostrane ?

Più volte abbiamo espresso i nostri dubbi sulle statistiche del turismo in Italia nella convinzione che certi dati fossero sottostimati soprattutto per la spesa degli stranieri. Questa volta ci sembra invece che i dati di Banca d’ Italia siano improntati ad un eccessivo, forse inconsapevole, ottimismo.

Ci piacerebbe poter leggere questo risultato come l’effetto di nuove e più efficienti indagini, visto che la pandemia ha costretto l’Istituto di Via Nazionale a ricorrere a fonti alternative.

L’ approfondimento delle note metodologiche, che ci erano a suo tempo sfuggite, non è incoraggiante. I dati relativi alle schede telefoniche scontano l’elevato numero di SIM straniere ma associate ad utenti dell’ampia comunità di residenti in Italia (Romania, Albania, Marocco), o di quelle riconducibili al fenomeno dei lavoratori frontalieri.

Mancano informazioni sui dati delle carte di credito degli stranieri sulle quali la Spagna da tempo pubblica invece un esaustivo report, mentre per quelli relativi alla spesa degli italiani all’estero le difficoltà derivano tra l’altro da: errata attribuzione del paese di controparte per le operazioni che transitano per piattaforme come Airbnb o Booking, difficoltà di cogliere i “pacchetti” turistici, impossibilità di distinguerne le singole componenti o determinare il motivo del viaggio.

Per dare un giudizio definitivo bisognerà aspettare la pubblicazione dei dati completi, anche se bisogna riconoscere che con il terzo trimestre l’indagine sembra aver soppesato meglio il mix delle flessioni tra arrivi di turisti europei ed intercontinentali.

Speriamo di sbagliarci ma il timore è quello di continuare a vedere tante stranezze più volte evidenziate come la spesa per shopping degli stranieri che non è quella dell’accezione comune, quella per motivazione vacanza mare a Milano , od il saldo negativo della bilancia dei pagamenti turistici con la Cina.

I dati ISTAT ben più pessimistici ed il turismo che meglio ha resistito

ISTAT stima fino a settembre un calo degli arrivi internazionali negli esercizi ricettivi pari al 69%. Difficile interpretare due trend così differenti, a meno che non siano cresciute a dismisura le presenze in case in affitto, di amici o parenti o negli istituti religiosi.

Una prima analisi dei dati delle provenienze estere di Emilia Romagna e Veneto, che hanno rispettivamente calcolato a consuntivo – 61% e -72 % ad ottobre, conferma l’ovvia tenuta dei viaggi per motivi personali, quelli improcrastinabili od autorizzati rispetto a quelli per pura vacanza.

Il segmento più resiliente, per usare un termine sempre più alla moda, è stato quello dei VFR (visita a parenti ed amici ) che è molto di più di quello che, con un clamoroso abbaglio, ENIT e Farnesina accreditano in toto al cosiddetto turismo delle radici.

In effetti Il Brasile, tra i mercati più importanti per la comunità degli oriundi, ha mostrato una flessione minore rispetto ad altri bacini intercontinentali ed anche europei. Anche i viaggi che riguardano le comunità di stranieri residenti in Italia, come per esempio i rumeni (nel 2019 nel ranking erano davanti anche a Canada, Giappone o Svezia) hanno registrato cali più contenuti dei tradizionali mercati europei.

La necessità di un vero upgrade del sistema statistico del turismo italiano

Non sappiamo chi, ed a quale prezzo, stia fornendo a Banca d’ Italia i nuovi dati, ma basta dare uno sguardo a sistemi e provider utilizzati in Spagna, ma anche in Portogallo, o dalla stessa UNWTO, per capire il deficit dell’Italia. I big data costano e le istituzioni competenti dovrebbero aprire un dibattito ad oggi del tutto inesistente, se non nei proclami durante i convegni, per poi fare seri investimenti.

Troppo presto per giudicare l’Osservatorio sull’Economia del Turismo – Big Data lanciato in questi giorni da ISNART (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche – Camere di Commercio), ma la prima sensazione è che siamo ancora lontani da quanto sarebbe necessario. Ormai di cruscotti del turismo in Italia si parla da troppo tempo.

Non ci resta allora che godere di questo stato di grazia sperando che sia reale e di buon auspicio per il futuro, proprio quando sono state ricordate le notti magiche di Madrid per salutare Paolo Rossi!

Non bisogna scordare però che le statistiche, e di conseguenza certe classifiche, sono costruite su metodologie assai diverse e sono autocertificazioni dei vari paesi.

Il rischio è che certi numeri, se confermati, diventino un’ulteriore propellente per l’ossessivo mantra del turismo lento e sostenibile e che siano strumentalizzati dai tanti che si chiedevano come era possibile fermarsi al quinto posto, nonostante il 70% del patrimonio culturale mondiale o il primato dei siti Unesco, per attribuirne il risultato a borghi e cammini. Bisognerebbe sapere che il totale di tutti i camminatori nel 2019 in Italia è stato pari alla media degli arrivi in un solo giorno a Roma, e non va dimenticato che il turismo non è solo quello di vacanza, e tanto meno solo quello per motivi culturali.

Ci riferiamo anche a quelli che pensano che i turisti possano andare solo dove piacerebbe a loro, e lottano contro i mulini a vento del turismo di massa anche quando i turisti sono quasi spariti.

Il nostro augurio è che l’anno nuovo, insieme ai vaccini ed alla fine di questo incubo, porti un po’ di serenità e riscatto a tutti quelli che lavorano nell’ Industria del Turismo ed in particolare a quelli più colpiti dalla crisi. Noi continuiamo a coltivare l’illusoria speranza di vedere una seria inversione di approccio da parte dei gestori pubblici, non solo per quanto riguarda governance e promozione, ma anche per l’adozione di strumenti statistici adeguati, credibili e funzionali.

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