Startup della salute, l’Europa ha i suoi campioni. L’Italia insegue

scritto da il 11 Ottobre 2019

Gli autori di questo post sono Adriano Fontanari – business analyst in Nina.Capital (fondo di investimento in ambito Health Tech) ed Health Innovation Fellow presso EIT Health (Istituto europeo di innovazione e tecnologia) – e Nicola Marino, laureato presso l’Università Cattolica, laureando in medicina e chirurgia, imprenditore con esperienza di ricerca presso Harvard Medical School. Con il contributo di Marta Zanchi (founder e managing partner di Nina.Capital)

Si parla sempre più di nuove tecnologie, da intelligenze artificiali capaci di superare le capacità umane nella diagnosi di patologie, a robot che operano il paziente a distanza di migliaia di chilometri dal chirurgo, fino a ologrammi per la telepresenza e sensori che rilevano in tempo reale qualsivoglia parametro del nostro stato di salute.

Le opportunità rese possibili dalle nuove tecnologia unite al forte bisogno di riforma nel settore sanitario sono alla base della crescita di startup in quest’ultimo. Basti pensare che, a livello europeo, gli investimenti in startup healthcare sono cresciuti da 2,6 miliardi di euro del 2013 a 11,7 miliardi del 2018.

Questo e molto altro emerge dal report “The European Healthcare Startup Ecosystem” condotto dal fondo venture Nina Capital, con sede a Barcellona e specializzato in investimenti nel settore health tech. Il report traccia un’istantanea sullo stato dell’arte degli acceleratori, e conferma come l’ecosistema europeo del settore, seppur in crescita, si presenta estremamente frammentato.

Dall’analisi compiuta scopriamo che (si veda grafico sotto) sono ben 162 gli acceleratori che accettano healthcare startup in Europa. Il Regno Unito è in testa con oltre 20 acceleratori, seguito da Germania (17), Spagna (16) e Italia (15).

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Distribuzione di acceleratori che si occupano di startup nel settore sanitario, HealthTech, Digital Health, Pharma & Biotech in Europa. Fonte: Nina Capital (ricerca interna)
* USA / Europa: acceleratori con sede negli Stati Uniti e attivi in Europa. Fonte: Nina Capital

Il numero di acceleratori scende rapidamente se si considerano come indicatore di successo i capitali di finanziamento raccolti dalle startup maturate dai loro programmi di accelerazione. Per esempio, aggiunto come filtro che l’ammontare del capitale raccolto dalla startup con più alto finanziamento sia di almeno 5 milioni di dollari, solo 30 acceleratori rimangono in lista. Di questi, 6 risiedono nel Regno Unito, 4 in Germania e la somma di acceleratori (4) dei Paesi nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca) rende quest’area la terza più virtuosa.

L’analisi consente osservazioni interessanti se affiancata a quella del numero di round Series A raccolti da tutte le healthcare startup in Europa (a prescindere da un eventuale percorso di accelerazione). Scopriamo che Regno Unito, Francia, Germania, Svizzera, Belgio ed il gruppo dei Paesi nordici guidano la classifica; seppur tra le top 5 in Europa per numero di acceleratori d’impresa nel settore, l’Italia presenta un numero ridotto di Series A round in startup health tech e digital health. I dati fanno pensare ad un mercato, quello italiano, che ancora deve maturare ed esprimere le proprie potenzialità.

Il trend tracciato dai paesi citati non cambia molto anche se si considera l’altro bacino di produzione di aziende del settore, ovvero quello di università e centri di ricerca che promuovono nascita e sviluppo degli spin-off. In tal caso, considerando le imprese health tech che hanno raccolto almeno series A round nell’arco degli ultimi 10 anni (2009-2019), Germania, Regno Unito e Spagna si confermano paesi virtuosi con in testa la prima a quota 26.

In generale si conferma un’opportunità di miglioramento nella capacità di conversione di startup early stage (in cui tipicamente entrano a far parte di programmi di accelerazione) in startup capaci di raccogliere i capitali necessari a entrare in growth stage. Le condizioni di contesto necessarie a favorire questa evoluzione sono molte e certamente non tutte legate alla qualità dei programmi di accelerazione, ma anche e soprattutto, alla situazione economica e politica di un’intera regione, disponibilità di capitali, mobilità del talento, e atteggiamenti culturali all’imprenditoria ad alto rischio. D’altra parte vediamo possibile un maggiore scambio di idee tra acceleratori, e in particolare di modelli di crescita delle startup impegnate nel settore della health tech e digital health – come il modello definito biodesign. che Nina Capital ha adottato come parte della sua investment thesis, e contribuisce a portare dalla Silicon Valley, dove è nato, in Europa.

Twitter @adryhealth @nikmarino9 @medinnovo