Tutti contro Toyoda. Quale sarà il target dell’auto elettrica?

scritto da il 05 Gennaio 2021

Le recenti dichiarazioni sull’auto elettrica dell’amministratore delegato della Toyota, Akio Toyoda, hanno diviso in due il mondo dell’auto e non solo. Secondo Toyoda la completa conversione all’elettrico potrebbe costare centinaia di miliardi di dollari con il risultato di produrre automobili difficilmente accessibili economicamente. Lo scorso dicembre il Giappone ha dichiarato che dal 2035 non verranno più vendute auto a benzina e diesel. Verrà consentita invece la vendita di quelle ibride ed elettriche. Ma, secondo Toyoda, in un paese come il Giappone che ottiene la maggior parte della sua elettricità dalla combustione di carbone e gas, i veicoli elettrici non saranno di grande aiuto contro l’inquinamento. Nel grafico sotto è possibile osservare da quali fonti viene generata l’energia elettrica in Giappone: dal disastro nucleare di Fukushima si è assistito ad una forte crescita del gas e anche del carbone.

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Quasi cento anni fa Henry Ford lanciando il modello T riuscì a “democratizzare” l’automobile. Nel 1908 Ford costruì meno di undicimila vetture, nel 1916 seicentomila; nel 1927 veniva prodotto un modello T ogni ventiquattro secondi. Nel 1914 il modello T costava quasi 450 dollari, la metà di quanto costava nel 1910; nel 1921 il costo fu dimezzato ulteriormente. Da considerare che 300 dollari erano più o meno equivalenti a circa 4 mesi di stipendio dell’epoca negli Stati Uniti.

Oggi le cose non sono più così. Difficile fare confronti su un orizzonte temporale così diverso, ma importante tentare dei riferimenti. Secondo la società di consulenza automobilistica Jato il prezzo medio al dettaglio delle auto vendute a fine 2019 (grafico in basso) varia tra i venti e i trenta mila dollari. Dopo la colonna in rosso si possono osservare nella parte destra del grafico le auto elettriche del segmento corrispondente (sono esclusi incentivi e sussidi) e, quanto costino di più rispetto la media. I salari medi disponibili (paesi OECD) vanno da circa quaranta a sessanta mila dollari (non è considerato il prelievo fiscale). Certo in futuro i costi delle auto elettriche si ridurranno secondo gli esperti. Ma per ora le cose non stanno ancora così.

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L’auto elettrica in sé non è una nuova invenzione. A inizio ‘900, più o meno nello stesso periodo in cui si produceva il modello T di Ford, i modelli elettrici economici costavano sotto i 1600 dollari e comunque 2-3 volte i costi del modello T.

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Nell’immagine sotto invece una pubblicità di inizio Novecento: si evidenziavano i progressi fatti da Thomas Edison sul fronte “batteria”. È davvero curioso come a distanza di più di cento anni la “batteria” torni al centro dell’attenzione. A fine duemilaventi Reuters ha riportato alcune indiscrezioni, secondo le quali Apple starebbe riconsiderando l’idea di produrre un’auto elettrica di massa entro il 2024. Il punto interessante sarebbe una batteria “made in Cupertino” che garantirebbe elevata autonomia. È bastata già solo questa notizia per scatenare la risposta di Elon Musk che ha rivelato che in passato aveva già contattato Apple per vendere Tesla, senza però ricevere risposta da Cook, CEO di Apple.

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Toyota è leader nelle auto ibride, che combinano motore a combustione con un motore elettrico e possono essere rifornite presso le tradizionali stazioni di servizio. Ma non vende ancora modelli BEV (battery electric vehicle) cioè elettrico al 100%. I più critici verso le dichiarazioni di Toyoda hanno identificato nel suo attacco alle auto elettriche proprio un punto di debolezza da parte della casa automobilistica nella non-produzione di auto elettriche “pure”. Toyota infatti è concentrata sull’auto ibrida ed è già sul mercato con un modello a idrogeno: la Toyota Mirai lanciata nel 2014. Molti analisti concordano nel ritenere che l’auto a idrogeno non possa competere in termini di prezzi con quella elettrica e che l’idrogeno rappresenti una soluzione per trasporto pesante e lunghe percorrenze.

Toyota produceva circa duemila vetture ad idrogeno l’anno ma oggi è riuscita a raggiungere una potenza di fuoco di circa trenta mila veicoli l’anno utilizzando le stesse linee di produzione di altri veicoli in serie. Perché il problema non è solo produrre il modello innovativo ma soprattutto essere in grado di avviare una produzione di massa. Lo sa bene Nikola Motor, un’altra newcomer del mondo dell’auto che si affida a partner di tutto rispetto come CNH Industrial (Iveco) e si era parlato anche di accordi con GM per la produzione di massa. GM tra l’altro a novembre ha dovuto ritirare dal mercato quasi 70 mila vetture elettriche per il rischio incendio della batteria. Un’ulteriore prova di quanti sforzi si stiano facendo sul fronte batteria nel passaggio verso la produzione di “massa”.

Toyota ha venduto nel 2019 quasi nove milioni di auto, seconda dopo Volkswagen che è leader con quasi undici milioni di auto. La capitalizzazione di mercato di Toyota è sotto i 200 miliardi di dollari, quasi il doppio della Volkswagen. Toyota e Volkswagen messe insieme non raggiungono nemmeno la metà della capitalizzazione di mercato di Tesla, che ha sfondato i 600 miliardi di dollari a dicembre. Nel 2020 Tesla ha venduto quasi cinquecentomila auto. Nikola non ha venduto ancora un camion e vale oggi quasi 6 miliardi di dollari; quando fu quotata raggiunse quasi 30 miliardi di dollari superando brevemente addirittura Ford.

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Ma allora dove si nasconde il valore?

Le rivoluzioni industriali sono fenomeni che hanno un carattere dirompente: in cui alcune tecnologie si impongono rapidamente sulle altre perché fanno meglio delle precedenti o in maniera più economica o perché rispondono a bisogni che non esistevano prima.

Siamo sicuri che le case automobilistiche del futuro venderanno semplicemente auto? Molto probabilmente no.

Prima di fare un salto in un “possibile” futuro guardiamo questo grafico. Mostra l’evoluzione dei 12 settori GFD (Global Financial Data) e, pur facendo riferimento all’economia americana, ci dà un’idea degli ultimi 200 anni. È possibile identificare differenti ondate. All’inizio (nell’Ottocento) fu la finanza, determinanti i capitali necessari alle successive ondate quali i trasporti e il commercio. L’ultima ondata, che rispecchia la situazione attuale, deve molto ai transistor e semiconduttori che hanno consentito la trasmissione, il calcolo e l’archiviazione delle informazioni.

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Nel libro “La Quarta Rivoluzione – come l’infosfera sta cambiando il mondo”, Luciano Floridi, professore ad Oxford ci fa riflettere su un possibile futuro. Siamo entrati nell’Iperstoria: il volume di dati e informazioni a cui abbiamo accesso cresce in maniera esponenziale. Una nuova realtà ne emerge: onlife. Neologismo coniato dallo stesso Floridi a voler sottolineare la costante ibridazione tra online e offline. Oggi non è possibile più distinguere quando siamo online e offline, siamo costantemente qui e lì, online e offline: onlife.

Cosa c’entra l’auto? Anche lei è “vittima” di questa ondata. Forse non la chiameremo più auto ma mobilità, non è ancora chiaro cosa sarà, ma dal pentolone dello stregone qualcosa verrà fuori.

Per Intel non ci sono dubbi: le automobili rappresentano in termini di connessioni il terzo dispositivo tecnologico in più rapida ascesa dopo telefoni e tablet. Le nuove automobili saranno connesse ad internet e inizieranno, a trovare parcheggio e parcheggiarsi, segnalando la presenza di altri veicoli o ad esempio i prezzi della benzina più convenienti e così via. “I meccanici stanno diventando ingegneri informatici” sottolinea Floridi nel suo libro pubblicato nel 2017. Nel rapporto annuale del 2019 dell’azienda tedesca Volkswagen leggiamo quanto segue:

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Qui invece altre interessanti info, tratte dal report di una società di consulenza pubblicato nel 2019, sul crescente peso dei semiconduttori e dell’elettronica per l’auto.

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Conclusioni

In un mondo in cui l’economia cresce lentamente potremmo immaginare un futuro in cui l’onlife di Floridi rappresenti la base per la nuova crescita. L’auto del futuro si muoverà sulla infrastruttura-strada ma avrà bisogno anche del 5G: l’autostrada su cui si muoveranno i dati condurrà l’auto nella nuova dimensione iperstorica.

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Intanto Reuters in un articolo di novembre, citando alcuni dati di IHS Markit da AutoScout24, riportava che c’è stato un marcato rialzo delle immatricolazioni di auto vecchie in tutta Europa, nonché un picco nelle ricerche su Internet di veicoli obsoleti. Il perché è abbastanza ovvio se si guardano i seguenti grafici da un articolo del Financial Times. La richiesta di trasporto pubblico si riduce (causa Covid), di conseguenza  aumenta quello privato.

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C’è un problema: la forte crisi economica causa pandemia. Prima di Natale ci hanno impressionato le immagini di Milano (sotto parte a sinistra), capitale finanziaria d’Italia, con le lunghissime file dei “nuovi poveri” in cerca un pasto caldo. La crisi passerà, prima o poi. E se è vero che le nuove generazioni sono quelle più sensibili ai temi climatici e che quindi potrebbero essere disposte a pagare di più per un’auto più ecologica, è anche vero che rispetto alle generazioni precedenti sono più povere (o “diversamente ricche”). Questo grafico (sotto, parte destra) recuperato da un articolo del Washinghton Post ci rende l’idea: a parità di età le ultime tre generazioni vedono ridursi il loro contributo alla ricchezza nazionale.

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Da un lato un mondo a cui tendere, dall’altro una realtà appesantita dalla crisi econo-pandemica. Da questa tensione nascerà l’auto e il suo mercato del futuro.

Nelle immagini sotto il posizionamento dell’auto a seconda del cliente fatta da Volkswagen nel mercato europeo.

Quale sarà il target dell’auto elettrica?

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“Se avessi chiesto alle persone cosa volevano, mi avrebbero risposto: cavalli più veloci”, Henry Ford.